Torricella Valerio e il cane Dragone

Torricella Valerio (Valerio con i suoi cavalli).

È ancora vivo nei suoi ricordi come se fosse successo ieri, si nota nei suoi occhi e si sente nel fragore delle sue risate, quando mio suocero Vitale Melodini, mi racconta questo episodio, finendo la storia dicendo: “Mànnë èrë e mànnë è”! (Che mondo era e mondo è!)

Era una notte d’inverno degli anni ’50, nel buio più scuro, delle ombre furtive si aggiravano nella piccola piazzetta tra il 6° vico Garibaldi e il 7° vico Savoia nei pressi della casa di Valerio Torricella con l’intento di rubare i cavalli tenuti nella stalla, sapendo che tutta la famiglia dormiva al piano superiore.

A far compagnia ai cavalli c’era anche Dragone un cane anziano che si era fatto la cuccia nella paglia per stare più caldo.

Nel silenzio più assoluto uno dei malfattori inserì il braccio nella hattaròlë (buco praticato nella parte bassa della porta per favorire il passaggio dei gatti) per riuscire a togliere il paletto che manteneva chiusa la porta, Dragone non abbaio né si mosse dal suo giaciglio, ma emise solo una specie di grugnito lamentoso che fece allertare il suo padrone, che subito capì che qualcosa non andava.

Scese le scale con passo felpato e subito vide nella penombra un braccio che si muoveva, con uno scatto fulmineo afferro quel braccio bloccandolo all’interno, chiamo la moglie e le chiese di passargli la rattacàscë (la grattugia) che cominciò a passarla sulla mano del mal capitato, fino a quando il sangue non cominciò a uscire.

La mattina seguente Valerio vide uscire dallo studio del dottor Vitaliano Ciocco posto su Corso Garibaldi poco distante da casa sua Carmine T., con la mano tutta fasciata. Avvicinatosi, gli chiese cosa fosse successo, lui rispose “Tenàvë la còrdë dë l’àsenë abbretètë a la mènë, candë dë bòttë a terètë e më la scurcuatë” (Avevo la corda dell’asino arrotolato nella mano, quando di colpo ha tirato e me la sbucciata), Valerio di contro battuta gli disse “Lë cavèllë dë Valèrië ‘n zë tòcchë” (I cavalli di Valerio non si toccano).

Quando Valerio morì, Dragone pianse quindici giorni sulla tomba del suo padrone, il custode del cimitero tentò di cacciarlo ma rischiò solo di essere morso.

Dragone morì alla venerabile età di ventuno anni.

Stefano Marchetta

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