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Lu cambà è ‘na huèrrë, chì l’à finìutë stà sottatèrrë.
(Vivere è una guerra, chi l’ha finita è stato sotterrato).
Lu cambà è ‘na huèrrë, chì l’à finìutë stà sottatèrrë.
(Vivere è una guerra, chi l’ha finita è stato sotterrato).
Come una chiave di pagliaio.
(Modo di dire che le cose procedono sena intoppi).
Ricordo come se fosse ora, le immagini, i suoni, le chiacchiere e gli odori, nell’angolo che si formava tra corso Garibaldi e il 7° vico Savoia, c’era la bottega di mastro Rocco Castorio, maniscalco. Erano gli ultimi attimi di un passaggio d’epoca tra la vecchia agricoltura e il nuovo moderno e motorizzato. Io, anche essendo piccolo, in un bel e tranquillo paese che era San Salvo mentre passavo per andare a frequentare i miei primi anni di scuola elementare, mi fermavo a guardare, mentre legati agli anelli ancora presenti sui muri di alcune vecchie abitazioni, gli ultimi cavalli, asini e qualche mulo in una tranquilla attesa per essere ferrati o solo una classica revisione agli zoccoli fatta da màštrë Ròcchë.
All’inagurazione fu presente il sottosegretario al senato Luciano Lama ex segretario generale della C.G.I.L.
Nella vignetta a parte il voler evidenziare la fuga delle nuove generazioni dall’agricoltura, ho voluto ricordare il primo gommato di mio padre e il BAR dove da ragazzini con 50 lire andavamo ad ascoltare della musica al jukebox.
<<A nonno, mi presti il trattore?>>
<<Ma che bel nipote, ti è venuta voglia di andare a passare l’estirpatore?>>
<<Sì ho una voglia, mi serve per portare la soma a San Vitale!>>