Tutti Esperti…
Questa frase l’ho sentita giorni fa.
Questa frase l’ho sentita giorni fa.
Sin da ragazzino mi sono sempre fermato a guardare i Monumenti ai Caduti in qualunque paese io mi trovassi. I monumenti erano e sono uno diverso dall’altro, dopo aver osservato il monumento nelle sue fattezze, la prima cosa che faccio è leggere i nomi per vedere se ce il mio cognome, poi vado sullo specifico. In alcuni è specificato grado, in alcuni grado e arma di appartenenza, in altre le date di nascita e morte e in altre ci sono anche le foto dei vari caduti o varie combinazioni di queste.
I Monumenti al Milite Ignoto sono nati dopo la grande guerra, fino ad allora i monumenti erano dedicati solo ai condottieri, per i caduti c’erano cimiteri di guerra, poi agli stessi è stato fatto un restyle dopo la seconda guerra mondiale e furono chiamati Monumento ai Caduti. Tutti quelli che io visto hanno una caratteristica che li accomuna ogni monumento ha due liste distinte in una i soldati della prima e nell’altra i caduti della seconda guerra mondiale. Solo il monumento di San Salvo forse è l’unico in Italia dove i nomi dei sodati sono tutti mischiati e in occasione del Centenario del Milite Ignoto non era visibile abbinare i nomi dei soldati che avevano vissuta quella tragica e triste pagina di storia del genere umano dove la cattiveria dell’uomo ha toccato uno degli stadi più bassi, all’evento stesso.
In questo mese di novembre ci sarà “la giornata mondiale delle vittime della strada”, ho voluto ricordare con questa mia foto la signora Maria, vittima della strada il 7 luglio 2018, con una ipotetica passeggiata vicino al murales fatto dall’amico Davide Scutece.
“Ti fa male la civetta” era una tipica espresione colorita usate tra donne quando una non voleva fare determinati lavori o detta da una mamma a una figlia che non voleva fare le faccende domestiche.
Piccola visita ai luoghi della memoria. Il paese, l’isola dei morti e il fiume piave.
Il soldato nella foto è Giuseppe Ciavatta classe 1895, mio nonno, il padre di mia madre.
Nato il 27 gennaio 1895 a San Salvo, di cinque fratelli erano rimasti lui e la sorella Anastasia.
Chiamato alle armi il 19 gennaio 1915, inquadrato nel 113° Reggimento Fanteria con l’incarico di mitragliere.
Mandato al fronte in prima linea il 23 maggio 1915 come aiutante di guerra, datosi che sapeva leggere e scrivere.
Partecipo alla decima battaglia dell’Isonzo che fu combattuta tra il 12 maggio e il 5 giugno 1917 nel corso della prima guerra mondiale tra le truppe italiane e quelle austro-ungariche.
Precisamente in quella cruenta, chiamata “Quota 208 sul Carso” combattuta il 23 maggio 1917, dove il 24 maggio fu dichiarato disperso, ma in realtà fu fatto prigioniero dagli Austriaci e detenuto in uno dei tanti campi di prigionia, fu liberato il 12 novembre 1918, provato e mal nutrito ma temprato nello spirito.
Fu congedato il 30 ottobre 1919, la cosa che più mi ha colpito che sulla scheda matricolare dell’esercito il servizio militare finiva il giorno 23 maggio con la dicitura “Campo di guerra 1915-16-17”, il 1918 non esiste.
La prigionia sofferta da tutti i prigionieri nei campi non contava niente, furono considerati morti.
Quando torno a casa ritrovò solo i genitori, l’amata sorella Anastasia morta a 18 anni, insieme ad altre 51 anime quando passò l’epidemia di spagnola nei mesi di ottobre, novembre e dicembre 1918 a San Salvo.
Fu richiamato alle armi nella 2° Guerra Mondiale il 23 giugno 1940 come mitragliere di contraerea insieme al suo primo genito Rocco che fu mandato a combattere in Jugoslavia.
Morì il 25 febbraio 1961.
Parlò e racconto poco di quella sua tragica esperienza e personalmente dopo aver consultato tanti documenti, foto e filmati della 1° Guerra Mondiale dove si vedono tutti gli orrori di cui l’uomo è capace, ho capito il perché.