Dic 18, 2021 - Articoli    No Comments

Nonno Antonio e le zucchine del Marchese.

Aveva 47 anni a quel tempo mio nonno Antonio ed era una calda mattina dell’estate del 1935, alzatosi di buon mattino comincio a prepararsi perché doveva andare a Vasto e precisamente dal Marchese D’Avalos per pagare l’affitto dei terreni da lui coltivati. Messosi uno dei vestiti buoni partì a piedi per la sua destinazione. La prima tappa la fece a Collepizzuto (contrada di Vasto) dove abitavano i sui cognati Giuseppe La Palombara e Laura Fabrizio sorella di sua moglie Giuseppina. Anche se la distanza sembra poca a quei tempi era molta e per questo ci si vedeva poco, così tra una chiacchiera e l’altra, accompagnate da qualche bicchiere di vino e un po’ di formaggio il tempo passo velocemente. Così quando busso al portone del palazzo D’Avalos si era fatta passato mezzogiorno, mio nonno spiego al maggiordomo che venne ad aprire il motivo della sua visita, il maggiordomo lo fece entrare nell’androne e andò a riferire e poco dopo torno invitandolo a seguirlo.

Il Marchese stava pranzando e chiamandolo per nome gli chiese se aveva mangiato lui rispose che si era portato ‘na štòzze (un pezzo di pane con un po’ di companatico) che avrebbe mangiato più tardi, ma il marchese lo invitò a sedersi e a pranzare con lui. Dopo essersi accomodato il cameriere arrivò con un bel piatto di zucchine, mio nonno penso “Frèchete che furtìune, checàcce a la càse e checàcce a la càse de lu Marcàse” (Caspita che fortuna zucchine a casa e zucchine alla casa del Marchese), ma al primo boccone si rese conto che erano zucchine abbottonate e il ripieno era tutta carne e formaggio e uova e esclamò “Sigòr Marchèse chèšte e checàcce no chèlle che fa màime” (Signor Marchese queste sono zucchine no quelle che prepara mia moglie) e nella stanza risuonò la risata fragorosa del marchese.

Stefano Marchetta

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Giuseppe Argentieri.

Questa foto fatta anni fa in una mattina di dicembre racchiude un piccolo aneddoto. Passando vidi zì Ggiusèppe intendo a leggere i manifesti funebri, avvicinandomi gli sussurrai:” Nne te sfurzà a lègge nni gi šti scrètte” (Non ti sforzare a leggere non ci stai scritto) lui si volto di scatto e ridendo mi disse “Si tì uajemùrte, mi se fatte ‘mbaurué, è luvuàre pìure a štu ggère me jìte bbòne” (Sei tu delinquente, mi hai fatto spaventare, è vero anche a questo giro mi è andata bene). Poi si avvicino l’altro signore a sx D’Adamo.

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