Mag 16, 2012 - Articoli    No Comments

La terra sta morendo

Dalla lettera scritta nel 1885 dal capo indiano Seath della tribù dei Duwamsh, al presidente americano Franklin Pierce, in risposta alla richiesta d’acquistare il loro territorio odierno Stato di Washington.

“Causare danno alla terra è dimostrare disprezzo per il suo creatore. Tu uomo bianco contamini addirittura il luogo in cui dormi, morirai una notte soffocato dai tuoi rifiuti”.

Mai come ora il problema inquinamento è veramente presente e mi chiedo: “Io cosa faccio?”
Come tutti mi giustifico, affermando che non avendo potere decisionale la colpa è di chi mi comanda.
Ora ci viene chiesto di fare una cosa, la raccolta differenziata, la prima risposta che ho sentito è stata: “Io pago l’immondizia!”; la seconda: “Cosa ci guadagno io?”
Di certo in questo mondo sempre più tecnologico è veloce dove un’e-mail è lenta, non si riesce più ad andare oltre l’io.
Vorrei fare una riflessione, Papa Giulio II se avesse voluto vedere la basilica di San Pietro finita, non avrebbe di certo iniziato i lavori, considerando che ci sono voluti 120 anni per finirla. Così dicasi dell’imperatore Vespasiano, egli non avrebbe iniziato la costruzione del Colosseo.
Dobbiamo cambiare le nostre priorità, dobbiamo ragionare pensando ad un futuro migliore, anche se non ci saremo più, affinché le nostre generazioni future possano vivere in un luogo migliore, dobbiamo almeno poter dire di averci provato, di aver fatto la nostra parte.
Non come quelle persone che partono da casa per andare a buttare l’immondizia nelle campagne, o come altri che hanno scoperto una nuova specialità olimpica “il lancio della busta dal finestrino” e che di certo saranno i primi a criticare i napoletani quando si vedono alcuni servizi in tv.
Ormai l’uomo moderno sembra una nave alla deriva, perché quando non si ha una meta, nessun vento è favorevole.
Ora la nostra meta è la raccolta differenziata.
Ora la parola d’ordine è riciclare.
Così facendo non elimineremo i rifiuti dall’oggi al domani, ma ne produrremo molti di meno.

Marchetta Stefano

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Mag 16, 2012 - Articoli    No Comments

Dove va a finire l’agricoltura

ODO GLI AUGELLI FAR FESTA …
Cosi il sommo poeta scriveva nella poesia il “ LA QUIETE DOPO LA TEMPESTA “.
Una volta quando andavo in campagna le mie orecchie, si riempivano di canti di cardellini, mentre ora si sente solo il richiamo delle motoseghe e si vedono sempre di più terreni incolti che portano lo sguardo a perdersi verso il tramonto.
La mia generazione e quella che forse è cresciuta sentendo negli anni sempre le stesse giustificazioni, il nostro prodotto ha incontrato la Spagna o l’Emilia Romagna o ci hanno pagato quando il cambio era basso o altro, l’unico risultato prezzi sempre più strozzati.
Quest’anno ci hanno parlato del CETRIOLO MATTO, che ha fatto spaventare i consumatori influenzando le vendite, il prossimo anno chi sa, chi sarà il protagonista nel ruolo di scusa?
Di certo non voglio colpevolizzare il presidente con tutti i consiglieri, so bene che è colpa del sistema, ma chi si alza presto e va in campagna tutti giorni, con qualunque tempo alla fine vuole il suo meritato premio, frutto del proprio lavoro e del proprio sacrificio.
La verità e ora più che mai, l’agricoltura è stata abbandonata da tutti quelli che dovevano difenderla a tutti i livelli, diceva mio padre “ SE LA TERRA ERA NA COSA BUONA NON CI TOCCAVA “.
Forse non è vero che i giovani non vogliono lavorare la terra, ma sono gli stessi genitori che non vogliono che i loro figli facciano un percorso vuoto a perdere, perché gli sforzi fatti non sono ripagati.
Un mio amico ha conferito un discreto quantitativo di pesche, solo di manodopera e spese varie ipotizzando anche trenta centesimi al Kg ha speso più della metà, con questi risultati ha liberato i figli dal vincolo di andarlo ad aiutare, ha detto loro di esplorare nuove vie.
Il fatto che più mi ha sconvolto è il racconto di un mio confinante, che accortosi che il mercato portava meno soldi di quello che spendeva nel raccogliere le nettarine, non solo ha fermato il raccolto lasciando sulla pianta “LA GRAZIË DË DÈ “ (la grazia di Dio), come si lamentava la sua famiglia, ma ha chiamato uno scavatore e ha estirpato tutto, ora se vuole mangiare una pesca la deve comprare.
Abbandonare la campagna per molti equivale a una sconfitta, perché i nostri padri dopo aver subito la 2° guerra mondiale, hanno dovuto lottare per poter avere queste terre, basta ricordare il grande sciopero per i terreni de bosco motticce con arresti e gente che si è dovuta dare alla latitanza per non andare in prigione in quei giorni di tensione o l’accordo con Cirulli che dopo più generazioni avevano lavorato quei terreni, con leggi non favorevoli ai coltivatori diretti, ritrovandosi con le loro famiglie fuori da quei terreni e con un pugno di mosche.
Personalmente spero che nei prossimi anni il mondo inverta la rotta di questa politica che sta portando l’agricoltura verso il suicidio, favorendo i giovani a tornare verso la campagna con la certezza di poter vivere dignitosamente con la famiglia che vorrà formarsi.

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Mag 16, 2012 - Poesie in Vernacolo    No Comments

Le vutazìunë

Chë successë,
chi è tuttë štà gendë cundèntë,
chë và spàssë pë la piàzzë?
Chë të salìutë,
chë të chiàmë pë nòmë,
chë të štragnë la mènë,
cë štà pìurë quellë chë vò pahà lu cafè.
Tìtë të canàscenë,
sànnë tuttë cosë dë tà,
sànnë pìurë canda pelë tì sàprë a lu quìulë.
E tì zèttë, n’arijscë a capè,
ma, allumbrùvuesë saprë a nù mìurë,
nù muanèfeštë ‘nghë nù cruštìanë artràttatë,
chë të uàrdë, të redë e të dècë,
vutà a mà, cë penzë jè,
cë penzë jè, vutà a mà,
scùrdetë lë prùccupuazìunë
mò cë štà LË VUTAZÌUNË.

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