IL BRIGANTE GIUSEPPE POMPONIO
<<Per prendere Pomponio ci vuole un grande demonio!>>
<<Quando il pero è maturo, casca senza bisogno della mazza!>>
<<Per prendere Pomponio ci vuole un grande demonio!>>
<<Quando il pero è maturo, casca senza bisogno della mazza!>>
Il brigantaggio cominciò a imperversare nell’Alto Vastese intorno al 1800, ma divenne un fenomeno dilagante dopo 1860 quando le promesse garibaldine non furono mantenute dai Piemontesi. Le fitte boscaglie della vallata del Trigno furono rifugi ideali per i briganti. Al tramonto, nessuno mettere piede fuori le mura e i portoni erano chiusi fino all’alba per paura delle scorrerie dei briganti (chi è dentro è dentro, chi è fuori è fuori).
(La porta della terra) ( Il brigante Giuseppe Delle Donne )
Uno dei capobriganti che per la sua ferocia terrorizzò i paesi sparsi in questa parte dell’Abruzzo, fu Giuseppe Pomponio nato a Liscia da genitori contadini, insieme al fratello Michelangelo e altri formarono una banda spietata, tra questi alcuni erano di San Salvo, R. Cortellini fu uno dei più terribili.
Un consistente numero di sansalvesi morì sotto le pallottole dei briganti: Silvio Pagano, Giuseppe Raiani, Vincenzo Marchetti e altri, tra i quali il Capitano della milizia di San Salvo Luigi Ciavatta, il delitto fu consumato lungo un sentiero di campagna il 16 di settembre 1868, in seguito a quel fatto di sangue la stradina prese il nome di Via dellaDisgrazia (ora via Colle Pagano)
(Monumento a Luigi Ciavatta) (Cap.Chiaffredo Bergia)
Si raccorda che Pomponio una volta incise con un pugnale sul tronco di un albero del ”Bosco Motticce” una frase:
” Per prendere Pomponio ci vuole un gran demonio”.
Zì Vitale, un pastore che conosceva zona, per tutta risposta con un coltello incise sullo stesso tronco :
”Quando il pero è maturo, casca senza bisogno della mazza”.
Infatti, il 27 settembre 1870 tradito, Giuseppe Pomponio fu snidato in una masseria di Furci e trucidato dai colpi di fucile dei carabinieri comandati dal Capitano piemontese Chiaffredo Bercia.
Il giorno dopo fu squartato e per monito agli altri briganti, una parte della sua ”carcassa” fu appeso nel bastione di Vasto detto del ”Bassano”, un braccio all’entrata del castello di Monteodorisio, l’altro braccio sotto l’arcata della ”Porte de la Terre” di San Salvo.
Stefano Marchetta
Curiosità :
– Mi raccontava una discendente per linea di sangue del Pomponio che nella casa paterna dello stesso, c’è ancora il rifugio segreto dove si rifugiava quando i carabinieri facevano delle ricognizioni per catturarlo, il rifugio era stata costruita all’interno del camino, ed era una piccola stanza, dove il brigante si rifugiava, mentre all’esterno i famigliari alimentavano il fuoco così, nessuno poteva immaginare che dietro quel muro di fuoco c’era il ricercato.
– In quei tempi molte persone erano contro i briganti, mentre altri ci facevano affari, si racconta che una famiglia che abitava vicino la chiesa di San Giuseppe fece qualcosa che hai briganti, non andò giù, per dare un esempio obbligarono una donna a scegliere chi doveva morire, il marito o il fratello ed essa così rispose “ MARÈTË TINGHË E MARÈTË MË FACCË, FRÀTEMË MË L’ARIMBRÀCCË “ (un marito ho e un marito mi faccio, mio fratello me lo riabbraccio) il richiamo del sangue è stato più forte del bene affettivo
Chiùvulichìaijë – pioggerellina rada che sembra che non c’è, ma ti bagna.
Scrùsscë – pioggia breve ma intensa.
Scràssciàunë – temporale breve ma intenso.
Lë crùllë dë lë pepë ultimi sospiri di tradizioni che spariscono con l’avvicendarsi delle generazioni.
Vederli nelle case singole di persone della propria città di cui si conoscono le origini locali, indica un’usanza scontata, ma vederli su balconi di condomini di palazzi simboli di una città, lë crùllë dë lë pepë indicano una resistenza ai tempi che cambiano, un attaccamento al costume locale, una voglia di tradizioni che non devono morire, non deve essere soffocati dalle mode
Lë crùllë dë lë pepë a cornë dë cràpë, come ama sottolineare il mio amico Michele Molino, questi una volta essiccati al sole e poi macinati, in dosi dettata dall’esperienza tramandata di generazione in generazione, diventa l’ingrediente principale per fare: ” lë vendrècenë, lë saggeccë, lë fecatèzzë, lë sprèsciatë rìscë “ e altri tipi, insaccati tipici di questo pezzo d‘Italia.
Molti non partecipano nella famiglia al passaggio del testimone nell’imparare le tradizioni da parte di un genitore o di un nonno, sembra una vergogna, che non serva più.
Il nuovo è bello, ma ricordate non dobbiamo accettare passivamente che i vari Mc D. ci fanno diventare un copia incolla, un cliscè mondiale, ogni uno di noi ha una personalità di valore, sta a noi falla emergere, ogni uno sa cosa gli piace, non dobbiamo temere di manifestarlo, non bisogna aver paura di non essere nel mucchio della maggioranza di diventare la màsculë bbiànghë (la mosca bianca), diciamo mi piace ciò che piace e a chi non piace zë f…
Difendiamo la nostra cultura, il nostro passato, perché come diceva la filosofa Simone Weil :
“ Il bisogno di avere RADICI è il più importante e il meno conosciuto dell’animo umano “.
Stefano Marchetta