Cacchinòttë – dicasi di ragazzo che lascia la pubertà e si avvia a diventare giovanotto, (da cacchiò) germoglio di un albero che diventerà un ramo.
Në pìrlë, në rìijë e në mìijë. ( Non parli, non ragli e non muggisci.)
Dicasi di una persona che non manifesta il proprio pensiero.
La Villa Comunale
IL DUE DÌ FEBBRAIO È LA CANDELORA
Il 2 febbraio la chiesa Cattolica celebra la presentazione al Tempio di Gesù, popolarmente chiamata festa della Candelora, perché in questo giorno si benedicono le candele, simbolo di CRISTO
“ LUCE PER ILLUMINARE LE GENTI “.
Febbraio “ FEBRARIUS “ in latino significa purificazione.
Per gli ebrei la donna dopo il parto era impura per 40 giorni se aveva partorito un maschio, dopo tale tempo poteva andare al tempio per purificarsi.
Questo giorno è anche la purificazione della Madonna, perché cade 40 giorni dopo il Natale.
Stefano Marchetta
Lë jùrnë dë la vìcchië (la cannelòrë)
I giorni della vecchia (la candelora)
Il due di febbraio è la candelora,
o ci nevica o ci piove,
appena … appena , soleggiato,
quaranta giorni e l’inverno è uscito fuori.
Risponde la vecchia,
l’inverno non è uscito,
aspetta che germogli il biancospino,
allora l’inverno è uscito fuori.
ma se vuoi essere più sicuro
aspetta quanto ripassano …
i mietitori.
Via Roma 1983
LË 3 JÙRNË DË LA MÈRLË
(I 3 giorni della merla) perché si chiamano così ?
Il 29, il 30 e il 31 gennaio sono «i giorni della Merla».Sono i tre giorni più freddi dell’anno.
Un’antica tradizione narra che la merla dalle splendide piume bianche era vittima di gennaio, un mese dispettoso che ogni volta che l’uccellino usciva dal nido in cerca di cibo per i suoi piccoli, faceva ghiacciare il terreno su cui la merla metteva le zampine.
La merla stanca di questo comportamento e un bel giorno decise di fare una bella scorta di cibo, da bastare per tutto il mese di gennaio.
All’epoca, gennaio durava solo di 28 giorni e quando la merla uscì dal nido, contenta di aver beffato gennaio, il mese si arrabbiò e chiese in prestito a febbraio altri tre giorni per scatenare neve, ghiaccio e freddo. La povera merla dovette ripararsi in un comignolo e quando ne uscì a febbraio il suo piumaggio, si scurì a causa della fuliggine per sempre.
Quest’antica leggenda affonda le sue origini sul calendario romano che in origine prevedeva per gennaio solo 29 giorni, il freddo, il gelo e la neve di quel periodo in netta contrapposizione al resto del mese di febbraio fecero modificare il calendario.
Probabilmente l’aggiunta di quei giorni e diedero origine al successo della leggenda della merla bianca divenuta nera.
Sempre secondo la leggenda, se i giorni della merla sono freddi, la primavera sarà bella, se sono caldi, la primavera arriverà in ritardo.
Stefano Marchetta
1989 tornano i cavalli a San Vitale
Nel 1989 il comitato festa San vitale volle fortemente che alla sfilate delle some ci fosse di nuovo la presenza dei cavalli, il progetto fu possibile grazie all’aiuto di De Francesco Franco macellaio e commerciante di animali che fornì un gran numero di cavalli.
Stefano Marchetta Piazza S. Vitale Vitale Melodini A sx Nicola Napolitano
IL BRIGANTE GIUSEPPE POMPONIO
<<Per prendere Pomponio ci vuole un grande demonio!>>
<<Quando il pero è maturo, casca senza bisogno della mazza!>>
IL BRIGANTE GIUSEPPE POMPONIO
Il brigantaggio cominciò a imperversare nell’Alto Vastese intorno al 1800, ma divenne un fenomeno dilagante dopo 1860 quando le promesse garibaldine non furono mantenute dai Piemontesi. Le fitte boscaglie della vallata del Trigno furono rifugi ideali per i briganti. Al tramonto, nessuno mettere piede fuori le mura e i portoni erano chiusi fino all’alba per paura delle scorrerie dei briganti (chi è dentro è dentro, chi è fuori è fuori).
(La porta della terra) ( Il brigante Giuseppe Delle Donne )
Uno dei capobriganti che per la sua ferocia terrorizzò i paesi sparsi in questa parte dell’Abruzzo, fu Giuseppe Pomponio nato a Liscia da genitori contadini, insieme al fratello Michelangelo e altri formarono una banda spietata, tra questi alcuni erano di San Salvo, R. Cortellini fu uno dei più terribili.
Un consistente numero di sansalvesi morì sotto le pallottole dei briganti: Silvio Pagano, Giuseppe Raiani, Vincenzo Marchetti e altri, tra i quali il Capitano della milizia di San Salvo Luigi Ciavatta, il delitto fu consumato lungo un sentiero di campagna il 16 di settembre 1868, in seguito a quel fatto di sangue la stradina prese il nome di Via dellaDisgrazia (ora via Colle Pagano)
(Monumento a Luigi Ciavatta) (Cap.Chiaffredo Bergia)
Si raccorda che Pomponio una volta incise con un pugnale sul tronco di un albero del ”Bosco Motticce” una frase:
” Per prendere Pomponio ci vuole un gran demonio”.
Zì Vitale, un pastore che conosceva zona, per tutta risposta con un coltello incise sullo stesso tronco :
”Quando il pero è maturo, casca senza bisogno della mazza”.
Infatti, il 27 settembre 1870 tradito, Giuseppe Pomponio fu snidato in una masseria di Furci e trucidato dai colpi di fucile dei carabinieri comandati dal Capitano piemontese Chiaffredo Bercia.
Il giorno dopo fu squartato e per monito agli altri briganti, una parte della sua ”carcassa” fu appeso nel bastione di Vasto detto del ”Bassano”, un braccio all’entrata del castello di Monteodorisio, l’altro braccio sotto l’arcata della ”Porte de la Terre” di San Salvo.
Stefano Marchetta
Curiosità :
– Mi raccontava una discendente per linea di sangue del Pomponio che nella casa paterna dello stesso, c’è ancora il rifugio segreto dove si rifugiava quando i carabinieri facevano delle ricognizioni per catturarlo, il rifugio era stata costruita all’interno del camino, ed era una piccola stanza, dove il brigante si rifugiava, mentre all’esterno i famigliari alimentavano il fuoco così, nessuno poteva immaginare che dietro quel muro di fuoco c’era il ricercato.
– In quei tempi molte persone erano contro i briganti, mentre altri ci facevano affari, si racconta che una famiglia che abitava vicino la chiesa di San Giuseppe fece qualcosa che hai briganti, non andò giù, per dare un esempio obbligarono una donna a scegliere chi doveva morire, il marito o il fratello ed essa così rispose “ MARÈTË TINGHË E MARÈTË MË FACCË, FRÀTEMË MË L’ARIMBRÀCCË “ (un marito ho e un marito mi faccio, mio fratello me lo riabbraccio) il richiamo del sangue è stato più forte del bene affettivo