ARRIVEDERLA…

Molti anni fa, prima che mondo venisse conquistato dai cellulari, avevo un appuntamento in uno studio medico a molti chilometri dalla mia residenza.

Quando arrivai la segretaria mi disse che il dottore aveva avuto un impegno improvviso, aveva cercato di avvisare ma forse eri già partito.

Orai la giornata era persa, ne approfittai per andare a fare della spesa in un centro commerciale lì vicino.

Mentre mi aggiravo tra gli scaffali in uno dei corridoi adiacenti mi parve di riconoscere una voce che diceva:” Che dèce quàšte le tòije”? (Che dici questo lo prendo) un’atra voce rispondeva: “ Ti sèrve, accàtele, nne te pruccupuà pàghe jé, tùije quàlle ca ti pô servé”. (Ti serve, compralo, non ti preoccupare pago io, prendi tutto quello che ti può servire)

Mi affacciai e riconobbi zì Necòle in compagnia di una donna del paese dalla dubbia moralità non facendomi vedere mi ritirai.

Dopo alcuni giorni lo incontrai e gli dissi:” Te ajje vèšte l’addre jùrne ‘nghe ‘na bbèlla fàmmene, nni me dèce ca arrèzze angàure”? (Ti ho visto l’altro giorno con una bella femmina, non mi dire che ti si rizza ancora)

Lui con un sorriso sornione e con un italiano maccheronico mi rispose: “Care nepàute anghe arrivedèrla è ‘na grànda soddisfàziaune”. (Caro nipote anche a rivederla è una grande soddisfazione)

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Pàsseme lu fattappošte.

(Passami il fatto a posta).

Termine usato per indicare qualcosa di indeterminato, dove sia l’interlocutore che la controparte pur non sapendo il nome dell’oggetto, in base al lavoro che si sta facendo riesce a passarti l’attrezzo giusto.

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