“Màzzë e chìzzë”
<<Colpisci questo!>>.
<<Te lo faccio andare a raccogliere vicino alla chiesa di San Rocco!>>
(Chiesa Madonna delle Grazie 1969 priva di campanile).
“Màzzë e chìzzë”
Il gioco di màzzë e chìzzë è un gioco non più di moda, ma giocato molto nei decenni passati.
Era un gioco che potremmo accostare al baseball americano per alcuni aspetti, le regole del gioco erano le seguenti, le squadre erano formate da due giocatori, dopo aver disegnato per terra due cerchi di un diametro di 40 cm a una distanza di circa 4/5 m, (queste sono le basi) servivano due mazze di circa 1 m (lë màzzë) e un tronchetto possibilmente di ulivo perché più resistenti di 25 cm e di diametro 3 cm (lu chìzzë).
Si faceva la conta per decidere a chi toccava, essere i battitori con le mazze e chi erano i lanciatori del pezzo di legno.
Il gioco iniziava con i battitori che si mettevano vicino ai cerchi e al loro fianco i lanciatori di cui uno aveva lu chìzzë.
I battitori tenevano il bastone appoggiato all’interno del cerchio per proteggerlo dal lanciatore che se vedeva il cerchio (la base) incustodita mettendoci il tronchetto al suo interno avevano la partita vinta.
Lo scopo del gioco era che i lanciatori potevano tirare in tutti i modi per far andare lu chìzzë all’interno de cerchio, mentre i battitori dovevano colpire lu chìzzë e mandarlo il più lontano possibile.
Così mentre i lanciatori lo andavano a raccogliere, i battitori iniziavano a contare i punti correndo da una base all’altra, era compito del lanciatore recuperare lu chìzzë e lanciarlo al compagno per fermare il punteggio o cercare di lanciarlo direttamente dentro il cerchio, rischiando che se la parabola era buona il battitore la poteva colpire di nuovo o si fermavano nella base per evitare di perdere la partita.
Altre regole, era partita vinta, se nel colpire lu chìzzë si spezzava o non era possibile il suo recupero.
Spesso capitava che il battitore colpisse così di forza che la màzzë gli scivolava di mano dando la possibilità ai lanciatori di mettere lu chìzzë nel cerchio e vincere diventato loro battitori.
Possiamo dire che era un gioco pericoloso perché non si sapeva mai che traiettoria avrebbe preso lu chìzzë, molti erano colpiti in malo modo con tagli e contusioni, senza mettere in conto finestre, auto, persone di passaggio e altro che era colpito.
Forse se si fosse cambiata lu chìzzë con una pallina e non giocato più nelle strade, forse sarebbe sopravissuta come gioco, forse oggi si giocava a baseball, forse ….
Stefano Marchetta
I miei zii con le moto.
Lë cavèllë bbùnë zë vadë a l’arrevë nin zë vadë a la partènzë.
( I cavalli buoni si giudicano all’arrivo, non si giudicano alla partenza).
Il Maestro Giovanni Rocchio (Nino) 1967.
Un carnevale 1967.
Maestro Mario Strever 1969.
Nella semplicità del carnevale.
LA IALACCERIA: Carnevale 1980
Corso Umberto I
Ieri Oggi