Nov 1, 2014 - Poesie in Vernacolo    No Comments

“N’attemë”

N’attemë e ‘ndèrrë,

allumbruvuèsë

së remàštë šterètë.

Niscìunë të canàscë,

chë sà a chë pinzìvë,

chë pruggittë tenìvë.

Štì fèrmë,

nin të mùvë,

chiànë, chiànë tì štì ‘ngnelènnë.

Së putìssë parlà

fòrsë më decìssë

“ Në é càlpë mà, é la mòrtë ca decèsë”.

Stefano Marchetta

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“Il Vernacolo”

Giorni fa mi trovavo a parlare con un collega che mi prendeva in giro su l’uso di alcuni vocaboli, così senza volerlo per fargli capire il nostro vernacolo ne è uscito un discorso alquanto interessante, forse può interessare a qualcuno.

Alcune parole dialettali imputate erano: (la neve, la nave), (la maglia, la moglie), (lo sparo, dispari) ed ecc, perché a parere suo indichiamo più cose con lo stesso vocabolo.

Nel parlato cambiamo il suono alle parole mediante gli accenti, per noi è normale, ma chi ci ascolta non percepisce le sfumature del nostro vernacolo.

Scrivendoli diventa più chiaro.

La neve si scrive la návë accendo grave.

La nave si scrive la nävë accendo dieresi. (Suono afono)

La maglia si scrive la màijë accendo grave.

La moglie si scrive la máijë accendo acuto.

Dispari si scrive spàrë accento grave.

Sparare si scrive spárë accento acuto.

Come nell’italiano siamo così abituati nel parlare che alcuni accenti le pronunciamo ma non le scriviamo pur sapendo che il significato è diverso.

Il nòcciolo della questione / Un albero di nocciòlo.

prìncipi e le principesse di tutto il mondo / È un uomo di sani princìpi.

Il séguito alla prossima puntata / Ho seguìto la lezione attentamente.

Esci sùbito da casa mia! / Gol sbagliato, gol subìto.

 

Stefano Marchetta

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Ott 23, 2014 - Articoli    No Comments

La Fàndë Vìcchë (la fonte vecchia).

La fàndë vìcchë (la fonte vecchia) sansalvese diede anche il nome alla vicina stradina in discesa, sotto il muraglione. E’ stata restaurata e stravolta nel suo aspetto originale diversi anni fa. L’antico acquedotto romano ipogeo (cioè una costruzione sotterranea, realizzata interamente dall’uomo o come riadattamento di cavità naturali) già alimentava fin dall’origine la vecchia fonte del borgo sansalvese che presentava un interessante sistema di tre vasche comunicanti a trabocchi decrescenti in altezza. L’acqua della fontana cadeva abbondante da due grosse cannelle metalliche. L’acqua dalla vasca di raccolta più alta raggiungeva progressivamente la vasca più bassa.

I sansalvesi bevevano l’acqua diretta che fuoriusciva dalle due cannelle metalliche. La vasca in laterizi più alta era l’abbeveratoio che raccoglieva l’acqua usata per abbeveraggio animale di asini, cavalli e buoi, la vicina vasca comunicante interposta subito dopo nel mezzo del sistema era il lavatoio usato per il bucato con le tavolozze di legno, l’ultima vasca posta più in basso raccoglieva l’acqua reflua sporca che era utilizzata per lavare le carni appena macellate o le casseruole, catini e tinozze della vendemmia o delle conserve alimentari. Tale sistema a vasche comunicanti consentiva l’uso razionale ergonomico dell’acqua sansalvese la cui potabilità era alquanto sgradita ai compaesani per l’eccessiva durezza organolettica. Fin dall’antichità la fonte vecchia fu molto preziosa per la comunità monastica sansalvese. I frati del medioevo utilizzarono quest’acqua anche per irrigare il vicino orto badiale, poi divenuto l’òrtë dë la fàndë (l’orto della fonte).

Stefano Marchetta

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