Lë Murtàlë (Il mortaio da cucina).
Lë murtàlë è un utensile utilizzato per pestare.
Si tratta essenzialmente di un recipiente, dal fondo tondeggiante, in legno duro comune nelle famiglie povere o metallo in bronzo per le famiglie più agiate, nel quale sono poste le sostanze, che sono poi triturate dall’azione di un pestello (lu Puštàllë), una corta mazzetta costituita da un’impugnatura e da un’estremità più larga e pesante.
Un tempo c’era solo il sale doppio (Tarrachìutë) uno degli elementi più importante e indispensabile del vivere e sopravvivere in una civiltà contadina che doveva conservare gli alimenti per un lungo periodo.
Elemento così importante che persino i legionari romani erano pagati con il sale, da questo e nato il termine “SALARIO”.
Quando si era piccoli quest’attrezzo era il primo banco di prova che le madri adoperavano per dare stimoli di crescita dei propri figli, triturare il sale grosso per renderlo fine per poterlo usare in cucina, era una responsabilità, ma anche un orgoglio per i piccoli perché li facevano sentire parte del vivere in e per la famiglia.
Poi c’era uno più grande che serviva per frantumare il grano e farne farina per il consumo quotidiano, poi nel passare del tempo poiché la farina si trovava con facilità, lo stesso è stato usato fino a qualche anno fa per triturare i pepi, la cui polvere veniva, usata per fare salsicce ventricine e altro.
Stefano Marchetta
Via Roma, gara ciclistica inizio anni ’80.
Nelle case e nelle insegne dei negozi, si vedono i cambiamenti nel trascorrere degli anni.
Vecènë a lu cuanë gròssë zuzù.
(Vicino al cane grande zuzù).
Zuzù è il nome bambinesco del cane, il termine viene usato anche per chiamare un cane che non si conosce.
16 gennaio 2015 “Gli Amici della Pasquetta” Cantano Lu Sànd’Andònië
Të vë avvulè sèmbrë dë vrùccalë salìtë.
(Ti viene voglia sempre di broccoli salati).
Questo per dire quando uno è cavilloso e capricciosa.
Lu Sànd’Andònië 16 gennaio 1989
“Il maiale di Sant’Antonio abate”
In un tempo passato a San Salvo alla fiera di settembre, veniva comprato un maialino (‘nu purchetàllë) dal comitato festa Sant’Antonio abate, il sacerdote lo benediva, come segno di riconoscimento gli veniva messo un collare rosso. Questo era lasciato libero di girovagare per il paese e ogni persona poteva accudirlo e dargli da mangiare, perché tutti sapevano che era il maiale del Santo.
Alcuni giorni prima del 17 gennaio il maialino che nel frattempo era ben cresciuto, era messo all’asta e a volte capitava che qualcuno del comitato festa offrisse più degli altri pur di avere il maiale benedetto, con il suo ricavato si organizzava la festa per Sant’Antonio abate protettore degli animali.
Mi raccontava mio padre che una famiglia, in una notte di fine dicembre approfittando dell’oscurità, attirò e fece entrare il maiale nella loro casa e ne fecero salami per il loro egoistico piacere.
La mattina dopo la popolazione in breve tempo si rese conto che il maiale era scomparso forse rubato, ma nessuna sapeva cosa era successo, chi aveva osato macchiarsi di quel peccato.
Non passo tempo che su quella famiglia si abbatterono innumerevoli sciagure, prima morirono molti animali, poi uno dei loro figli, così in un breve periodo questa famiglia cadde in disgrazia.
Così tutti capirono che fine aveva fatto il maiale di Sant’Antonio.
Ps:(Voglio solo ricordare che una volta si faceva questa festa, con la relativa benedizione degli animali domestici davanti la chiesa, mentre per gli armenti numerosi il parroco andava nella varie masserie).
Stefano Marchetta