Lu scacàzzë

Në fa tàndë lu scacàzzë.

(Letteralmente questo modo di dire significa “non metterti in mostra”).

Lu scacàzzë è la cispa, la sostanza che produce l’occhio durante il sonno che, anche se noi mettessimo il vestito più bello e ci copriremo d’oro, ma non abbiamo lavato bene la faccia la prima cosa che noteranno le persone, è lu scacàzzë che orgoglioso sta come una bandiera al vento.

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Mag 1, 2015 - Articoli    No Comments

La Pipezzerë

Era usanza che il mugnaio dell’antico mulino di Pantanella situata un tempo a San Salvo marina, dopo aver macinato il grano che serviva per fare purcellatë (i taralli), offriva per la festa del Santo Patrono la pipezzerë o pepezzerë che non era altro che un palo abbellito con nastri colorati, su cui erano legate delle pagnottine di pane, essa era messa in palio l’ottava di San Vitale, precisamente il 5 maggio.

Il comitato durante la raccolta delle offerte portava in giro la pipezzerë per farla vedere, così le famiglie che davano l’offerta partecipavano alla sua estrazione, alla famiglia cui andava la pipezzere veniva da tutti considerata fortunata perché era ritenuta scelta dal Santo.

La pipezzerë nel tempo subì delle trasformazioni prima divenne una croce per poi arrivare negli anni ’50 a una forma ovoidale fatto in legno intrecciata a mo di rete che era rivestita con carta velina e nastri di diversi colori, su cui erano legate le pagnottine.

Anche le pagnottine di pane ebbero un’evoluzione trasformandosi in dolci dalle forme di cavalli, pupe, colombi, cuori e altro, preparate dalle sapienti mani delle donne che partecipavano alla preparazione delle sagne e dei taralli di San Vitale.

Una volta cotti i dolci, una parte rimaneva così come usciti dal forno, una porzione  era decorata e la restante era impreziosita con lu ggiuluèppë biànghë (sciroppo denso di zucchero).

Stefano Marchetta

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