“S” 3° parte.
Sfessètë – Squilibrato. Sfasato.
Sfèzië – Capriccio. Sfizio.
Sfiatàtë – Sofocato.
Sfilamèndë – Crampi dello stomaco quando si ha fame.
Sfirzèllë – Parte di qualcosa.
Sfòijë – Sfoglia di pasta.
Sfracassatë – Frantumato,
Sfracàssë – Confusione.
Sfraccatë – Acciaccato. Pestato.
Sfraffìjë – Soffiarsi il naso senza fazzoletto.
Sfranzesètë – Violentata.
Sfrattatàvelë – A fine pranzo,consumo dell’ultima portata per consentire di sparecchiare.
Sfreddà – Raffreddare.
Sfregnàtë – Sfortunato.
Sfrenàtë – Scatenato. Privo di freni inibitori.
Sfrèvulë – Ciccioli di lardo di maiale.
Sfruculujé – Provocare. Sfottere.
Sfrunnà – Sfrondare. Tagliare le foglie.
Sfruscijé – Sbruffare. Avere la bocca piena e respirare veloce con il naso.
Sfrusscé – Sperperare il denaro.
Sfrutté – Sfruttare.
Sfuijà – Sfogliare.
Sfummuchijé – Emettere fumo in abbondanza.
Sunnà – Sfondare.
Sfussà – Disseppellire.
Sgàbbië – Vino.
Sgamàtë – Anche se nascosto è stato visto. Intuire sentimenti ed intenzioni che si nascondono sotto le apparenze.
Sgangané – Gridare ripetutamente un comando o un richiamo.
Sgangàtë – Privo di denti.
Sgarbijjètë – Pieno di graffi e ferite.
Sgarrà – Strappare.
Sgarrufètë – Rovinato. Graffiato.
Sgarzàtë – Offeso nell’organo della vista.
Sghèjë – Soldi (Moneta Austriaca nel lombardo-veneto).
Sgherrené – Sderenare.
Sgraffa sgràffë – Piglia piglia. Sgraffignare.
Sgrambijé – Graffiare.
Sgrambilijètë – Parola offensiva per racchiudere in una persona più difetti
Sgranà – Mangiare. Togliere piselli e fave dai baccelli..
Sgrannelejé – Grandinare.
Sgrascià – Sputare con violenza la secrezione nasale e orale infiammata.
Sgrassà – Privare del grasso.
Sgravà – Partorire. Liberarsi di un peso.
Sgrèijë – Pula del chicco di grano trebbiato,(collegato alla resta).
Sgèzzë – Schizzo.
Sgriscìunë – In modo obliquo. Di traverso.
Sgrizzatàurë – Giocattolo. Tratto del sambuco ripulito del midollo e adattato a schizzatoio.
Sgrizzé – Schizzare.
Sgrugnòtë – Parte di vernice saltata da un mobile o auto.
Sgrujòzzë – Frustaper animali da lavoro.
Sgroppuò – Darsi da fare. Lavorare sodo.
Sgrussuò – Togliere da un materiale allo stato rozzo le parti superflue.
Sguagnelejé – Lamento continuo di un cane o il piagnucolare di un bimbo.
Sguazzejé – Sguazzare.
Sguèscë – Obbliquo.
Sguèzzerë – Svizzero.
Sgugnulujé – Lamentarsi.
Sgummovë – Muovere qualcosa.
Sî – Sai.
Sìbbulë – Lesina, arnese del calzolaio per bucare il cuoio.
Sìbbutë – Subito.
Sicutuò – Continuare.
Sìggë – Sedia.
Siggilàunë – Seggiolone per bambini.
Signà – Segnare.
Signàurë – Signore.
Signurué – Vostra signoria, rivolgendosi al padre o ai nonni.
Sijìzzë – Singhiozzo.
Silištrë – Lampo.
Simèggë – Piccoli chiodi usati dai calzolai.
Sindé – Sentire.
Sindinzië – Maledizione.
Sindimìndë – Sentimenti.
Sinnà – Altrimenti.
Sippiluchë – Sepolcri.
Sirpendènë – Persona maldicente.
Sirvé – Servire.
Sì sì – Presto presto.
Sištemàtë – Sistemato. Messo in ordine.
Sutàccë – Setaccio.
Situò – mettere a posto.
Situvuàtë – Calmato. Trovato quello che voleva. Sposato.
Sìuchë – Sugo.
Slaccià – Slacciare.
Smàcchë – Smacco. Figuraccia.
Smacchià – Smacchiare.
Smaliziètë – Chi si comporta modo sicuro dopo aver vissuto molte esperienze.
Smammà – Staccarsi dalla mamma. Andare via.
Smandà – Scoprire.
Smanginètë – Mangino.
Smanicchiètë – Privo di mani. Persona che evita il lavoro.
Smanijé – Agitazione per impazienza e nervosismo.
Smascariètë – Volto pieno di sangue per le botte prese.
Smascarijè – Sfigurare il volto a una persona.
Smaštà – Basto rifiutato con violenza da un equino. Persona che perde la pazienza.
Smatenàtë – Matto.
Smàttë – Smettere.
Smatunuòtë – Stravagante.
Smazzà – Dimagrire.
Smèrcë – Smerciare.
Smeccé – Sbirciare.
Smoštë – Emozione. Mosso.
Smovë – Muovere. Spostare.
Smundà – Perdere il colore originario. Smontare qualcosa.
Smurfiàusë – Smorfioso. Vanitoso.
Smuštràtë – Reso irriconoscibile.
Sòccë – Socio. Mezzadro.
Soccia-soccë – Dappertutto.
Sòcemë l’òmmenë – Mio suocero.
Sòcemë la fàmmenë – Mia suocera.
Sòcetë – Tuo suocero.
Sòlë – Suola.
Sònnë – Sonno.
Soprannomë – Nomignolo.
Sopreppengë – Pipistrello.
Sopròssë – Callo osseo.
Sòrë – Sorella.
Sòretë – Tua sorella.
Sòrvë – Sorbo pianta.
Sòtë – Calmo.
Colonie Marine
Quèssë è accuscé furtenàtë ca ji fàtë pìurë lu hàllë.
(Quella persona è così fortunata che gli fa l’uovo anche il gallo).
Ritorna Caronte.
La cunzèrvë dë pammadòrë
Una volta per le strade di San Salvo e nei luoghi soleggiati (a la sulàgnë) spazio dove il sole seguendo il suo percorso batteva tutto il giorno, come una spiaggia piena di persone ad abbronzarsi, era normale incontrare spianatoie (spranatìurë) con il passato di pomodoro allargato su di esse. Per dar modo al sole di far evaporare l’acqua in eccesso e nello stesso tempo operava una cottura della conserva, mentre le donne di tanto intanto rimescolavano il tutto per avere un’asciugatura uniforme e qualche volta eliminare il ricordo depositato su di esso da qualche uccellino di passaggio, la miseria era tanta che non era permesso, essere schizzinosi, ottenendo così un concentrato di pomodoro. Non era come adesso che reperire bottiglie, barattoli in vetro e tappi e normalità, il prodotto finito dopo tanti giorni ad asciugare si riponeva in recipienti di terra cotta smaltati (lë menàrë) e all’occorrenza se ne prendeva un poco che diluito con l’acqua si faceva il sugo per pasta.
Stefano Marchetta
San Salvo “Il monumento dell’Emigrante”.
<<In Francia mangiavo il tartufo>>!
<<Si, non tanto le ali, ma erano buone le cosce>>!
L’EMIGRANTE
Una lacrima, un abbraccio, nell’animo tanto coraggio,
partivo per una terra straniera,
le rose mi ricordano che era maggio.
La mia città sdraiata sulla collina
da un tramonto colorata,
la rivedo dentro questa cartolina.
Il cuore comincia nei ricordi a passeggiare,
tra le persone e i luoghi della fanciullezza
che indelebili non si possono cancellare.
Ecco, di un amico rivedo il viso,
nel petto si apre
un gran sorriso.
Rivedo il mio quartiere, la vicina,
zia Maria che sapeva fare
con arte la ventricina.
Un giorno tornerò al mio mare,
per riposare vicino a tutte
le persone a me care.
Stefano Marchetta
Chènë e chènë nin zë màcciuchë.
(Cani e cani non si mordono).
A Trescà (La trebbiatura).