Nov 25, 2015 - Articoli    No Comments

Angelo e Angela Smargiassi

Tempo fa una signora sentendo il mio parlare dialettale mi chiese “A c’appartìnë”?

Capito chi ero esclamò: “ Allaurë, sì lu nupàutë dë Àngelë e Angiulìnë lë panattirë, sàndë ggèndë candë ggèndë ànnë sfamìtë”.

(Allora, sei il nipote di Angelo e Angela i panettieri sante persone, quanta gente hanno sfamato).

Visto in chiave odierna sembra una frase senza senso, uno pensa: ”Tu fai il panettiere vendi il pane io lo compro, dove sta la cosa eccezionale”?

I miei zii aprirono il panificio al ritorno in Italia, dopo un periodo di emigrazione in Australia.

Basta pensare che un tempo San Salvo era un paese a carattere contadino, dove le culture agricole, erano diversificate in grano, uva e ulivo (poi arrivarono le pesche), questo perché bisognava almeno avere un raccolto sicuro in un periodo dell’anno in base alla variabilità del tempo, per far campare la propria Famiglia.

In attesa del raccolto i miei zii facevano a tutti la lebbràttë (il libretto) dove era annotato la quantità di pane, pizze e altro che le famiglie prendevano durante l’anno a credito e a fiducia, il debito era saldato con il primo raccolto buono.

In poche parole loro anticipavano e rischiavano il capitale per far mangiare tante famiglie, come dei moderni samaritani applicarono l’insegnamento di Gesù:

“Ama il prossimo tuo come te stesso”.

Ricordo quando da piccolo ero mandato a prendere il pane, molte volte mi trattenevo nel retro della panetteria, a guardare mio zio che con abilità toglieva con la pala quel bel ben di dio dal forno o ad aiutarlo a spostare le ceste piene di pagnotte e filoni, inebriandomi di quella fragranza di pane appena cotto.

Così ancora oggi, ogni qual volta che entro in una panetteria nel sentire quel profumo di pane appena sfornato, il mio pensiero corre subito al ricordo dei miei zii Angelo e Angela.

Stefano Marchetta

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