Gen 18, 2016 - Articoli    No Comments

“I Fratelli di San Vitale”

Il passaggio delle tradizioni, dei racconti e dei segreti è stato sempre fatto in un modo verbale tra genitori e figli, che nella maggior parte delle volte avviene, nei momenti in cui i figli sono nella fase in cui vogliono cambiare il mondo e il vecchio è da buttare. Personalmente ho avuto la fortuna di crescere con un padre che era un pozzo di ricordi e di aneddoti ed io predisposto all’assorbimento e all’ascolto di tutto ciò che lui mi raccontava. In molti nel crescere si rendono conto di aver sbagliato a non aver prestato la dovuta attenzione ai propri vecchi e ora è tardi per chiedere di nuovo, perché ormai sono andati via.

Questo succede ai giovani di tutte le generazioni, divenuti anziani, nei loro ricordi rimbalzato racconti sfocati, notizie frammentate, un miscuglio d’informazioni miste di realtà e leggenda, che a volte mischiandole, cercano di trasmettere ai propri figli o da raccontare, così di generazione in generazione con il passare del tempo, si trasforma un fatto vero in un racconto leggendario.

Come la narrazione che sentivo tempo fa, fatta da una persona anziana, nel racconto affermava, mescolando il reale e il meraviglioso, che i Santi Cosimo e Damiano (Siria), Panfilo (Sulmona), Salvo (San Salvo), Vito (Mazara), Emidio (Germania) erano fratelli di San Vitale (Milano).

Non è difficile capire che tutto ciò è impossibile poiché i vari santi sono vissuti in anni diversi e in luoghi distanti tra essi, sì erano fratelli ma nella fede di un unico Padre Celeste.

In conformità a questo i vari paesi li veneravano e si gemellavano e s’incontravano per rafforzare il loro credo per cui un tempo portava il proprio Santo in processione a trovare il Fratello in un altro paese, era per molti la possibilità di avere più Santi da pregare, avere qualcuno in più cui rivolgersi nell’attimo della loro supplica, perché Fratello del loro Santo Padrone.

Stefano marchetta

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Gen 11, 2016 - Articoli    No Comments

“A Sàndë Sàlvë …”

“A Sàndë Sàlvë chi zë sàlva salvë, aèllë z’aìusë l’accettarèllë e lë picciafùchë”.

(A San Salvo ce chi si salva e chi no, là si usa l’accetta e i fiammiferi).

Si riferiva al fatto che a quei tempi a San Salvo e anche in altre parti, ci si vendicava con la complicità della notte, tagliando con l’accetta le viti o bruciando le messi.

Questa è la frase che i fratelli Travaglini si sentirono dire da un vecchio paesano 100 anni fa quando da Casoli decisero di trasferirsi con i loro famigliari a San Salvo.

Nel leggere questo trafiletto su un libro prestatomi da Antonietta Marcello, fece riaffiorare un vecchio racconto di mio padre fattomi anni fa a conferma di quel detto.

Lui mi raccontava di un signore che chiameremo X, che posizionatosi sul muraglione tra Strada Fontana e via Orientale che offriva una visuale libera come punto alto del paese, in una sera del mese di giugno di tanti decenni fa, si sfregava le mani e le allungava a mò di riscaldarsi, mentre in lontananza nella piana del Trigno si vedeva una luce brillare nel buio, erano covoni di grano in attesa della trebbiatura che bruciavano.

Stefano Marchetta

 

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