Chi štà annenzë cë làssë, chi vé apprèssë cë pàssë.
(Chi sta davanti ci lascia, chi viene dietro ci passa).
Chi štà annenzë cë làssë, chi vé apprèssë cë pàssë.
(Chi sta davanti ci lascia, chi viene dietro ci passa).
<<Compare sono un po preoccupato, vuoi vedere che il 28 aprile, io rimango a casa e tu andrai alla processione>>!
1956 azienda Pietro De Cinque
1956 trebbiatura azienda d’Avalos, con trattore Landini 50 testa calda, Ialacci Antonio con il cavallo.
1966 ara di Giuseppe De Vito(al centro).
Le leggende fanno parte del patrimonio culturale di tutti i popoli, appartengono alla tradizione orale e nella narrazione mescola il reale al fantastico, non raccontano mai dei fatti totalmente inventati, contengono al loro interno sempre una parte di verità.
La chiesa di San Giuseppe fu ingrandita e rifatta come la vediamo adesso sulle mura della vecchia chiesa, che a sua volta era stata ampliata sulla struttura di una piccola chiesetta, così senza interrompere la linea che unisce presente e passato, i lavori furono fatti accavallo degli anni ’50 e ’60, il parroco don Cirillo Piovesan, si occupo delle donazioni, fatte non solo dai residenti, ma anche dai tanti emigranti Sansalvesi sparsi per il mondo.
Se si osserva con attenzione, la facciata della chiesa di San Giuseppe è fatta tutta in mattoni rossi, ma guardando bene con attenzione, si notano dei blocchi di marmo messi senza una regola, senza uno schema, messi man mano senza uno spiegabile motivo ornamentale, come se di tanto in tanto finissero i mattoni e si metteva un blocco di marmo.
A tal proposito voglio farvi partecipe di un mio ricordo, porre l’attenzione su un racconto che sentii narrare da persone anziane quando ero ragazzino, davanti al bar Roma mentre aspettavo i miei amici per giocare a biliardino, ascoltai con attenzione questa sorte di leggenda paesana, che rimase indelebile nella mia mente.
Nel dialogare fra loro la spiegazione che si dava, era quella che i blocchi rappresentano delle firme, loro dicevano che ogni muratore che partecipò alla costrizione della chiesa, ne pose una, quasi a voler scrivere in modo indelebile il suo nome nel momento che riteneva più appropriato, mentre il Tempio saliva maestoso verso il cielo.
Ricordo che indicavano i vari blocchi e dicevano anche i nomi dei vari operai che avevano partecipato alla costruzione della chiesa.
Non mi sono mai posto negli anni di indagare sulla veridicità del racconto, mi piace pensare che le varie posizioni in altezza dei blocchi sarebbero state dettate dal grado, i manovali in basso e via via, che si saliva nella costruzione fino ai capi mastri muratori.
Stefano Marchetta
Incrocio via Fontana Vecchia con via Trignina, da notare la vecchia che stava prendendo l’acqua alla fontanella con la conca.
Chi uffendë zë scòrdë, ma chi è uffausë zë l’arcòrdë
(chi offende si dimentica, ma chi è offeso se lo ricorda).
A chi nnë jë piàcë lu bbònë, è fèijë d’àsenë.
(A chi non gli piace il buono, è figlio d’asino).