Un bel gruppo di amici, anni fa.
Davanti: Gabriele Ciavatta e Antonio Sacchetti. Dietro da sx: Andrea Checchia, Matteo Corrado, Rocco Ialacci, Domenico Onofrillo, Lino Checchia. Ultimi: Carlo de Luca, Fernando Cilli e Vito Colombaro.
N’azzàtë dë hànnë (Un’alzata di gonna).
Io penso che il passare degli anni, il tempo cambia le scenografie, i nomi ma alcuni personaggi o lavori sono sempre gli stessi, a tal proposito voglio raccontarvi questo episodio.
I vecchi contadini o i nuovi agricoltori sanno che ci sono periodi dove alcuni lavori si possono gestire a proprio piacimento, poi ci sono periodi legati al raccolto che hai un piccolo periodo dove poterti organizzare e poi ci sono raccolti come le pesche che sono loro a decidere o ti trovi nel giorno giusto sotto le piante a raccogliere il tanto atteso frutto o il lavoro di un anno va in fumo.In questi giorni di trepida attesa uno dei nemici più pericolosi è il garbino perché mantiene la sua temperatura calda anche di notte stressando il frutto portandolo a maturazione. L’unica soluzione è di andare sul campo con più operai possibili per salvare il raccolto, così ricordo quando successe una volta a mio padre. Lui chiese in giro se c’era qualcuno che potesse aiutarlo. Un amico burlone che forse sapeva o c’era passato già lui lo indirizzò verso una casa dicendo: “Vergì, a chellë càsë cë àbbetë ìunë chë va’ jurnuòtë” (Virginio, in quella casa ci abita una che va a giornate). Mio padre ingenuamente andò a bussare a quella porta e domandò. Aprì una signora che ascoltata la richiesta, con gentilezza chiesa cosa doveva fare e quando avrebbe guadagnato, sentito la cifra (a quei tempi la giornata era sulle 30/40 mila lire), la donna sorridendo con una risposta inaspettata che spiazzo e fece arrossire mio padre fu: ”Jé šti quatrènë më l’abbìschë ‘nghë n’azzàtë dë hànnë” (Io questo denaro me li guadagno con un’alzata di gonna).
Stefano Marchetta
Tempi Moderni.
Dedicata a chi fa finta di vivere nel passato.
S’adà àgnë lu mìssë ‘nghë la càrnë.
(Si deve ungere il muso con la carne).
Questo era per dire a chi cercava un aiuto che doveva portare qualcosa all’interessato.
1983, Gruppo di Amici aspettano l’arrivo del Papa.
Un Deserto la mia Città.
Ogni volta che esco, in qualunque orario a parte gli istanti in cui i genitori accompagnano i figli a scuola o alle mamme che si fermano per brevi momenti in piccoli gruppetti a parlare dei problemi legati ai propri figli o nel vedere la migrazione mattutina di vecchi pazienti dai vari ambulatori medici verso la farmacia per fare le scorte dei medicinali. Si vede lo spopolamento, la desolazione del centro.In quei momenti mi riecheggia sempre nella mente una vecchia canzone del 1969 degli Equipe 84: “Tutta mia la città un deserto che conosco”.
Fiori di Pesco.
Chi àlë, pòchë vàlë. Chi nnë àlë, nièndë vàlë. Chi jë štà vecènë, nni vàlë ‘nu quatrènë.
(Chi sbadiglia, poco vale. Chi non sbadiglia, niente vale. Chi gli sta vicino, non vale un quatrino).