Mar 21, 2017 - Articoli    No Comments

“La štòzzë”.

Una volta quando si andava in campagna, c’erano delle regole per quando riguardava il mangiare, considerando che non si usava l’orologio ma era la luce del sole che scandiva l’inizio e la fine della giornata lavorativa. L’estate dove le giornate erano più lunghe ci si fermava quattro volte, l’inverno solo due volte.

La štòzzë – Era una pre colazione fatta quasi a inizio lavoro, un pezzo di pane per assaggiare qualcosa, generalmente era formaggio in modo di poter fare la prima bevuta di vino.

La mappatèllë (la colazione) – Generalmente era pane e companatico che ogn’uno si portava da casa a proprie spese, l’immagine comune è quella di un canevaccio i cui lembi legati a incrocio dove all’interno c’è il cibo.

Mezzejùrnë: Pranzo preparato dai proprietari con pasta, carne e altro che era portato generalmente dalla moglie del proprietario all’orario convenuto dentro una cesta, tenuta in equilibrio sulla testa con l’aiuto della spärë (Il CERCINE). Le famiglie più povere che non potevano garantire un pranzo uguale a tutti, preparavano la sera prima una grossa pagnotta di pane, dove una volta tagliata in mezzo, era messo a suo interno tutto quel poco che si possedeva in casa, un po’ di olio, pezzetti di salsiccia, pepi e pomodorini secchi, alici, peperoni cotti e altro, in modo che il pane assorbisse gli odori e i succhi del cibo, a pranzo era fatto a spicchi e offerto, senza che ci fosse disparità tra gli operai.

Vivitìccë – era una piccola bevuta, un po’ di cibo alla buona, preparato per rifocillare i lavoratori dei campi nelle ore pomeridiane per rifare l’ultima bevuta, una piccola merenda.

Stefano Marchetta

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