La Domuànechë dë lë Pàlmë (la Domenica delle Palme).
Quando si va in chiesa di questi tempi, il parroco fa trovare ramoscelli di ulivo sciolti o confezioni regalo con frasi del vangelo da dare a fine messa.
Ricordo che da ragazzino la domenica delle Palme bisognava alzarsi presto per andare in giro nel quartiere a trovare fiori, bussare alle porte e chiederne alle donne che avevano un giardino o prenderli senza permesso, perché non c’era tempo da perdere bisognava addobbare la palma di ulivo (la fràschë dë la lèvë) che mio padre aveva riportato di buon mattino dalla campagna.
Una volta legati i fiori mia madre aggiungeva nastrini colorati per renderlo più bello, poi tutti in chiesa per la benedizione, don Cirillo ci faceva mettere tutti, dove sta la statua di San Vitale un tempo chiuso con un recinto di ferro e cancello, in attesa che lui ci invitava ad alzarli e oscillarli mentre li benediva. Stipati in quel piccolo spazio, era scontato che iniziavano spintoni schiacciamenti di piedi e inimicizie, così all’uscita dalla chiesa puntualmente erano chiariti a frascànnë (colpi di palma) a chi se ne poteva dare di più, la palma simbolo di pace diveniva di colpo arma (ecco perché chiedevo a mio padre di riportarne sempre uno grande). Poi quello che restava si riportava a casa e dopo aver avuto un sonoro richiamo, si portava in campagna come benedizione per un buon raccolto.
Stefano Marchetta