Da sx : Malatesta Dora, la piccola Troiano Annamaria, Colamarino Giuseppina, i tre docenti, D’Adamio Eliana, Malatesta Virginia, Di virgilio Anna, Ciavatta Maria, Marcello Antonietta e Antenucci ?? (di Cupello).
Qualche anno fa le donne erano avviate dalla nascita a diventare mogli e madri di famiglia, era innestato in esse questo pensiero dalla prima bambola che loro stringevano al petto, come un figlio. Poi il concetto era rafforzato quando era regalato loro il primo baule, questo doveva essere riempito con la dote che sarebbe servita per il futuro matrimonio. Allora le future donnine erano avviate al percorso del ricamo, il tombolo, il punto a croce, l’uncinetto, l’intaglio e altro, imparavano a usare i ferri per fare tutto dalle calze ai più complicati maglioni. Poi come ultimo tratto formativo quando le giovani donzelle si avvicinavano a quella che era nei canoni dell’epoca l’età da matrimonio, era il corso di taglio e cucito, saper cucire qualcosa almeno per i propri figli, significava soldi risparmiati, alcune madri dicevano alle figlie per spronarle a fare questi corsi: “ ‘Na fàmmenë dë càsë, a da sapà fa almènë la pedànë dë lë cazzìunë a lu muarètë” (una donna di casa deve sapere fare, almeno l’orlo dei pantaloni al proprio marito). Ora i parametri in cui crescono le ragazze ora sono altri, ma questa è un’altra storia.
Stefano Marchetta