Sempre più spesso mi trovo a sentire qualcuno esclamare l’espressione Frèchetë e la risposta secca è Frèchetë tì.
Parlare una lingua straniera è difficile, bisogna studiare la grammatica, pronuncia e le sfumature delle parole che cambiano all’interno delle frasi e il dialetto non fa eccezioni, perché a tutti gli effetti è una lingua straniera.
Ho notato che le nuove generazioni cercano di ritornare al vernacolo, riappropriarsi di un qualcosa che sentono loro, parlando una lingua che in verità non esiste che in molti chiamano abruzzese solo perché molte parole italiane vengono troncate, storpiate, adattate.
In verità parlano “Ggiargianàse” (linguaggio strano).
Questo è succede perché molti genitori provengono da una educazione passata, dove veniva inculcata nelle scuole l’idea che il dialetto era un obbrobrio, era disonorevole parlarlo e doveva essere abolita, eliminata, sterminata.
Anche perché nel caso di matrimoni di persone di località diverse avevano fatto un compromesso scegliendo di parlare esclusivamente l’italiano.
Così facendo non c’è stato un insegnamento, un passaggio, un lascito ereditiero della lingua dei propri avi.
Molte parole vengono tradotte per intuito cadendo in quello che gli Inglesi chiamano i false friends.
Come nelle parole che iniziano con “Frè”.
Questo per dire che all’espressione “Frèchetë” viene abbinata per intuito a una parola negativa come Frecà (ingannare, rubare, atto sessuale) o Frecatìure (fregatura, inganno, imbroglio).
Ma in realtà Frèchetë è una espressione che esprime meraviglia stupore o rimprovero, come addirittura, a questo punto, diavolo, senza meno o quando vieni avvisato del pericolo e tu infischiandotene tiri dritto per la tua strada e ti va male, a quel punto la persona che ti voleva aiutare ti si rivolge dicendoti “Mò frèchetë” (ben ti sta).