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Apr 27, 2013 - Articoli    No Comments

Lë Sàmuë

Lë Sàmuë per noi di San Salvo è il sinonimo di San Vitale.

Per molti è la soma è il sacco di grano, inteso come carico che prima si metteva sui cavalli e adesso si mette sui trattori.

Invece bisogna fare una precisazione  lë Sàmuë è la “salma“unità di misura usata in questa zona per solidi, terreni e liquidi, che varia da regione a regione, che corrisponde a 1 quintale e 20 chili, per le superfici era 1 ettaro e 200 m².

Questo per dire che una volta offrire il sacco di grano significava dare la quantità ben precisa(Lë Sàmuë), a volte si univano anche più famiglie per ringraziare Dio e San Vitale per il raccolto futuro e per quello passato.

Così facendo anche la commissione della festa sapeva l’ammontare preciso del grano che poi avrebbe usato per le sagne e per i taralli e se qualcosa avanzava venderlo e usare il ricavato per la festa.

Ora i connotati della festa sono cambiati, a parte le offerte in danaro, la devozione non cambia, c’è chi offre il grano, chi mette a disposizione il trattore e chi offre tutti e due, a far sì che la tradizione non passi.

Stefano marchetta

Feb 2, 2013 - Articoli    No Comments

IL DUE DÌ FEBBRAIO È LA CANDELORA

Il 2 febbraio la chiesa Cattolica celebra la presentazione al Tempio di Gesù, popolarmente chiamata festa della Candelora, perché in questo giorno si benedicono le candele, simbolo di CRISTO

LUCE PER ILLUMINARE LE GENTI “.

Febbraio “ FEBRARIUS “ in latino significa purificazione.

Per gli ebrei la donna dopo il parto era impura per 40 giorni se aveva partorito un maschio, dopo tale tempo poteva andare al tempio per purificarsi.

Questo giorno è anche la purificazione della Madonna, perché cade 40 giorni dopo il Natale.

Stefano Marchetta

candelora                                  le-tradizioni-della-candelora

Gen 30, 2013 - Articoli    No Comments

LË 3 JÙRNË DË LA MÈRLË

(I 3 giorni della merla) perché si chiamano così ?

Il 29, il 30 e il 31 gennaio sono «i giorni della Merla».Sono i tre giorni più freddi dell’anno.

Un’antica tradizione narra che la merla dalle splendide piume bianche era vittima di gennaio, un mese dispettoso che ogni volta che l’uccellino usciva dal nido in cerca di cibo per i suoi piccoli, faceva ghiacciare il terreno su cui la merla metteva le zampine.

La merla stanca di questo comportamento e un bel giorno decise di fare una bella scorta di cibo, da bastare per tutto il mese di gennaio.

All’epoca, gennaio durava solo di 28 giorni e quando la merla uscì dal nido, contenta di aver beffato gennaio, il mese si arrabbiò e chiese in prestito a febbraio altri tre giorni per scatenare neve, ghiaccio e freddo. La povera merla dovette ripararsi in un comignolo e quando ne uscì a febbraio il suo piumaggio, si scurì a causa della fuliggine per sempre.

Quest’antica leggenda affonda le sue origini sul calendario romano che in origine prevedeva per gennaio solo 29 giorni, il freddo, il gelo e la neve di quel periodo in netta contrapposizione al resto del mese di febbraio fecero modificare il calendario.

Probabilmente l’aggiunta di quei giorni e diedero origine al successo della leggenda della merla bianca divenuta nera.

Sempre secondo la leggenda, se i giorni della merla sono freddi, la primavera sarà bella, se sono caldi, la primavera arriverà in ritardo.

Stefano Marchetta

Gen 25, 2013 - Articoli    No Comments

IL BRIGANTE GIUSEPPE POMPONIO

Il brigantaggio cominciò a imperversare nell’Alto Vastese intorno al 1800, ma divenne un fenomeno dilagante dopo 1860 quando le promesse garibaldine non furono mantenute dai Piemontesi. Le fitte boscaglie della vallata del Trigno furono rifugi ideali per i briganti. Al tramonto, nessuno mettere piede fuori le mura e i portoni erano chiusi fino all’alba per paura delle scorrerie dei briganti (chi è dentro è dentro, chi è fuori è fuori).la porta della terra                                 Brigante

(La porta della terra)              ( Il brigante Giuseppe Delle Donne )

Uno dei capobriganti che per la sua ferocia terrorizzò i paesi sparsi in questa parte dell’Abruzzo, fu Giuseppe Pomponio nato a Liscia da genitori contadini, insieme al fratello Michelangelo e altri formarono una banda spietata, tra questi alcuni erano di San Salvo, R. Cortellini fu uno dei più terribili.

Un consistente numero di sansalvesi morì sotto le pallottole dei briganti: Silvio Pagano, Giuseppe Raiani, Vincenzo Marchetti e altri, tra i quali il Capitano della milizia di San Salvo Luigi Ciavatta, il delitto fu consumato lungo un sentiero di campagna il 16 di settembre 1868, in seguito a quel fatto di sangue la stradina prese il nome di Via dellaDisgrazia (ora via Colle Pagano)

monumento a Luigi Ciavatta-1                                  Cap.Chiaffredo Bergia

 (Monumento a Luigi Ciavatta)          (Cap.Chiaffredo Bergia)

Si raccorda che Pomponio una volta incise con un pugnale sul tronco di un albero del ”Bosco Motticce” una frase:

” Per prendere Pomponio ci vuole un gran demonio”.
Zì Vitale, un pastore che conosceva zona, per tutta risposta con un coltello incise sullo stesso tronco :

”Quando il pero è maturo, casca senza bisogno della mazza”. 

Infatti, il 27 settembre 1870 tradito, Giuseppe Pomponio fu snidato in una masseria di Furci e trucidato dai colpi di fucile dei carabinieri comandati dal Capitano piemontese Chiaffredo Bercia.

Il giorno dopo fu squartato e per monito agli altri briganti, una parte della sua ”carcassa” fu appeso nel bastione di Vasto detto del ”Bassano”, un braccio all’entrata del castello di Monteodorisio, l’altro braccio sotto l’arcata della ”Porte de la Terre” di San Salvo.

Stefano Marchetta

Curiosità :

–          Mi raccontava una discendente per linea di sangue del Pomponio che nella casa paterna dello stesso, c’è ancora il rifugio segreto dove si rifugiava quando i carabinieri facevano delle ricognizioni per catturarlo, il rifugio era stata costruita all’interno del camino, ed era una piccola stanza, dove il brigante si rifugiava, mentre all’esterno i famigliari alimentavano il fuoco così, nessuno poteva immaginare che dietro quel muro di fuoco c’era il ricercato.

 

–          In quei tempi molte persone erano contro i briganti, mentre altri ci facevano affari, si racconta che una famiglia che abitava vicino la chiesa di San Giuseppe fece qualcosa che hai briganti, non andò giù, per dare un esempio obbligarono una donna a scegliere chi doveva morire, il marito o il fratello ed essa così rispose “ MARÈTË TINGHË E MARÈTË MË FACCË, FRÀTEMË MË L’ARIMBRÀCCË “ (un marito ho e un marito mi faccio, mio fratello me lo riabbraccio) il richiamo del sangue è stato più forte del bene affettivo

.Torre-Montebello-1 Torre di Montebello fu la fortezza dei briganti per anni.

Gen 13, 2013 - Articoli, Le mie FOTOGRAFIE    No Comments

“Lë crùllë dë lë pepë”

Lë crùllë dë lë pepë ultimi sospiri di tradizioni che spariscono con l’avvicendarsi delle generazioni.

Vederli nelle case singole di persone della propria città di cui si conoscono le origini locali, indica un’usanza scontata, ma vederli su balconi di condomini di palazzi simboli di una città, lë crùllë dë lë pepë indicano una resistenza ai tempi che cambiano, un attaccamento al costume locale, una voglia di tradizioni che non devono morire, non deve essere soffocati dalle mode

.pepi 3                                 pepi

Lë crùllë dë lë pepë a cornë dë  cràpë, come ama sottolineare il mio amico Michele Molino, questi una volta essiccati al sole e poi macinati, in dosi dettata dall’esperienza tramandata di generazione in generazione, diventa l’ingrediente principale per fare: ” lë vendrècenë, lë saggeccë, lë fecatèzzë, lë sprèsciatë rìscë “ e altri tipi, insaccati tipici di questo pezzo d‘Italia.pep 1i             pep 4

Molti non partecipano nella famiglia al passaggio del testimone nell’imparare le tradizioni da parte di un genitore o di un nonno, sembra una vergogna, che non serva più.

Il nuovo è bello, ma ricordate non dobbiamo accettare passivamente che i vari Mc D. ci fanno diventare un copia incolla, un cliscè mondiale, ogni uno di noi ha una personalità di valore, sta a noi falla emergere, ogni uno sa cosa gli piace, non dobbiamo temere di manifestarlo, non bisogna aver paura di non essere nel mucchio della maggioranza di diventare la màsculë bbiànghë (la mosca bianca), diciamo mi piace ciò che piace e a chi non piace zë f…

Difendiamo la nostra cultura, il nostro passato, perché come diceva la filosofa Simone Weil :

“ Il bisogno di avere RADICI è il più importante e il meno conosciuto dell’animo umano “.

Stefano Marchetta

pep 2SalsicceAmici e salsicce

Gen 3, 2013 - Articoli    No Comments

Il Maestro Evaristo Sparvieri

Sono stato sempre convinto che l’uomo non è altro che una grande ricetta, dove la metà degli ingredienti gli sono dati alla nascita, il restante man mano che gli anni passano le persone che incontriamo aggiungono e tolgono ingredienti per far sì che noi diventiamo ciò che siamo.

Nel 1968/69 mentre la guerra del Vietnam causava vittime innocenti, i giovani di tutto il mondo manifestavano contro, mentre uccidevano Robert  Kennedy fratello di John e Martin Luter king, nasceva l’Uomo Tigre, cerano i figli dei fiori, si faceva il grande festival di Woodstock, l’uomo sbarca sulla luna ecc …

Io conobbi il Maestro Evaristo Sparvieri in quegli anni, lui non era il mio insegnante, ma seppe regalarmi degli ingredienti importanti.

Entro nella mia vita perché essendo un uomo che vedeva lontano, riusciva con il suo sorriso con la sua risata e con quei baffetti da sparviero a coinvolgere, a convincere la mia maestra a unire le due classi per fare musica (quella che ora nelle scuole è chiamata musica d’insieme) dove ci faceva cantare accompagnandoci con la chitarra, poi ci incantava come la favola del Piffero Magico, quando cominciava a suonare il mandolino.

Nel corso degli anni io e il maestro ci siamo sempre fermati a parlare di musica passione da lui trasmessa che solo in un secondo tempo sono riuscito a realizzare quando sono entrato a far parte della Banda Città di San Salvo, la poesia dove io provavo a scrivere le mie, il dialetto basamento di una cultura da non dimenticare e tutto quello che capitava.

Che lui aveva una marcia in più e il fatto che non era una sensazione di un bimbo che si può manifestare in una simpatia o ammirazione, ma è la consapevolezza che nel mio crescere non ho fatto altro che costatare il mio pensiero, perché lui era ben voluto e apprezzato in tutto, da arrivare persino a ricoprire la carica di sindaco di San Salvo.

Due cose le ho sempre nel cuore del Maestro una poesia:

“A ‘NA VECCHIA PIRTICARE“ dove lui ha saputo racchiudere un tempo andato, vincitrice del 1° Certame di poesia dialettale svoltosi a San Salvo nell’Aprile del 1975, di cui conservo il libretto con tutte le poesie, la seconda è una canzone dedicata alla nostra bella San Salvo:

“ SOPRA ‘NA CULLINE “.

Il Maestro ha lasciato tanto materiale che il figlio sta pubblicando in un suo sito www.sansalvoantica.it insieme a tanta altre cose, una frase mi ha colpito del figlio Fernando che è scritto sulla “home page”.

“Sfogliando pagine ingiallite dal tempo, ho incontrato mio padre.”

 

                                                                              Stefano Marchetta

Dic 22, 2012 - Articoli, Le mie FOTOGRAFIE    No Comments

LU FÒCHË DË SAN TUMMUÒSSË

(Il fuoco di San Tommaso)

Un collega di lavoro non di San Salvo mi ha chiesto cosa legava la nostra città a San Tommaso e al fuoco, da dedicare ai due pur in modo semplice una festa?

Anche se sembra che ci sia qualcosa, bisogna ammettere con tutta sincerità che non centra niente, è solo il caso che nel 1845 il cardinale Carafa scelse il periodo antecedente il Santo Natale per donare al nostro paese l’urna contenenti le ossa di San Vitale, con i sigilli plumbei di Papa Benedetto XIV.

.Pier Luigi Carafa-                                               papa-Benedetto_XIV

(Cardinale Carafa)                                                      (Papa Benedetto XVI)

Bisogna immergersi nel periodo storico del vivere quotidiano, non è come adesso che basta uno squillo e si sa tutto, il popolo sapeva che la commissione mandata a prendere le reliquie doveva partire da Roma, ma s’ignoravano gli orari precisi di partenza e quando meno quello di arrivo.

Cosi al calar della sera, mentre un freddo pungente scendeva a far compagnia alla popolazione, gli stessi pensarono di accendere un fuoco per riscaldarsi nell’attesa dell’arrivo del Santo.

Basta pensare che se il tutto sarebbe successo in estate il fuoco non c’era.

             .DSCN0398         20-12-2012           DSCN0394

San Tommaso con tutto il rispetto è solo il santo scritto sul calendario il 20 Dicembre, potevano essere qualunque dei santi che leggiamo sui calendari, LU FÒCHË è solo una parte della scenografia come le case, le pietre, il fango, il freddo e tutto quello che cera quella sera, come quando ci sono state le due rievocazioni storiche fatte anni fa, dove ho avuto la fortuna di partecipare, i veri protagonisti sono stati il Popolo devoto e l’urna del Santo, tutto il resto ha fatto da cornice.

Andare a festeggiare il fuoco solo per gusto di far baldoria e mangiare come questo vivere moderno ci sta insegnando, è a tutti gli effetti una festa pagana non religiosa.

anno 2011 urna

(28-4-2011 l’urna con le ossa)

Il 20 dicembre è da ricordare come l’anniversario dell’arrivo delle reliquie del nostro Santo Padrone nella nostra città, niente di più è solo un meditare e un pregare e riscoprire i veri significati delle cose nella loro e semplice verità.

Stefano Marchetta

Nov 14, 2012 - Articoli    No Comments

“LA FAVOLA DI POLLICINO”

Si dice che le favole si leggono ai bambini, ma sono state scritte per gli adulti.

In una recente indagine è stata stabilita che la favola più amata è quella di Cenerentola, poi la Sirenetta e a seguire Biancaneve e i 7 nani, ma nel territorio dove abito io, analizzando ciò che vedo, la favola più amata in assoluto sia quella di Pollicino, si quella di quel bimbo che nel bosco lascia molliche di pane per ritrovare la strada di casa.

Dico questo, perché qualunque strada noi decidiamo di percorrere, andando verso Vasto, verso la stazione, verso la Trignina, nella zona industriale e persino nelle strade di campagna lungo il ciglio delle strade si trovano depositate buste dell’immondizia, nonostante nel nostro territorio il ritiro dell’immondizia funzioni, si chiede solo di fare la raccolta differenziata, questo mal costume succede non di certo perché le persone sono incivili, ignoranti, rozzi, dispettosi o trogloditi, ma è solo una questione economica, come non tutti possono comprarsi un navigatore usa le buste dell’immondizia per ritrovare la strada di casa, come il loro eroe Pollicino.

 

Stefano Marchetta

Ricordo di mio padre

Sono passati 10 anni che mio padre non c’è più, ma è sempre vivo dentro di me, persona meravigliosa che ha contribuito a ciò che sono, per fare un esempio mi consigliava di applicare questa regola su tutto a 360°  ” ‘Mbàrë l’àrtë e mettelë da pàrtë ” impara l’arte e mettila da parte, “A da sa pà lu càrrë e lu scappà” capire la differenza tra il correre e lo scappare perchè nel vita ci sono momenti dove bisogna essere reattivi a ciò che ci succede intorno, la terza è  ” Misìuretë a la cavìutë” misurati al buco inteso che quando fai un qualcosa misure la tua forza, i tuoi soldi, le tue potenzialità vere e accompagnava avvolte questo concetto con un racconto:

LA CAVÌUTË

 Na nottë nu luàpë e na vàlpë sò iutë a rubbuò lë hàllenë, mèndrë zë dàvenë da fà a chë zë në magnàvë dë chì, la vàlpë ascèvë fòrë e dòpë a rendràvë, candë a lë ‘mbrùvvuesë è arruvuètë lu puatràunë, sibbutë la vàlpë e ascìtë fòrë, ma lu luàpë ca vë magnàtë naquàllë e në zë èrë musùruetë a la cavìutë na putìtë ascè, è stàtë accesë.

 

IL BUCO

Una notte un lupo e una volpe sono andati a rubare le galline, mentre si davano da fare a chi ne poteva mangiare di più, la volpe usciva e poi rientrava, quando all’improvviso è arrivato il padrone, subito la volpe uscì, ma il lupo che aveva mangiato molto e non si era misurato al buco non riuscì a uscire, è fu ucciso.

Stefano Marchetta

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