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Ago 31, 2024 - Articoli    No Comments

Alain Delon.

La morte di Alain Delon mi ha fatto tornare in mente modi di dire di oltre 50 anni fa.

Uno era quello di dire a chi si voleva atteggiare, pavoneggiare con le ragazze “Esse vo’ fa’ Alendelònghe” o quando uno si sentiva bello “Esse mo arrève Alendelònghe”.

Ma il ricordo più simpatico era il modo di dire di mia zia Teodolinda sorella di mia madre “L’attòre ca me piàce di cchì è Annènde è Lònghe”.

Stefano Marchetta

Mar 1, 2024 - Articoli    No Comments

Saggezza Cinese.

In questi giorni mi si è rotto il cursore della cerniera del giubbino, sapendolo cambiare sono andato in cerca del pezzo di ricambio nelle varie mercerie della zona, ma con esito negativo a causa della misura. Poi mi sono ricordato che avevo visto tempo fa in un vicoletto un’insegna “Sartoria e Riparazione” sono andato e sono entrato, accolto da una sorridente signora cinese alla quale ho spiegato la mia necessità. La signora subito mi ha accontentato e dicendomi il prezzo forse nel mio sguardo lei ha letto la frase pensavo che costava di meno, e sorridendo mi disse:

È vero costa come una cerniera intera, ma cambiare una cerniera costa come un giubbino nuovo, oggi è andata bene“.

Feb 19, 2024 - Articoli    No Comments

Giovani contro Anziani.

Gli anziani dicono che il mondo sta andando a rotoli, sta peggiorando giorno dopo giorno, vedono adolescenti vestirsi in modo strano, persi in un approccio sempre più precoce al sesso e in comportamenti sempre più irrispettosi.

Personalmente penso che nel corso dei secoli ogni anziano abbia detto questo, perché poi i giovani diventano anziani i gli anziani muoiono e il ciclo si ripete in un modo perpetuo, ma il mondo continua a girare lo stesso.

Ricordo un giorno di ottobre eravamo impegnati nella raccolta dell’uva, a quei tempi avevo all’incirca 10 anni, c’erano molti anziani che mentre vendemmiavano criticavano i giovani che sedevano sulle nuove panchine messe all’interno della villa comunale e complice la penombra pomiciavano senza vergogna e a tal proposito ogniuno diceva la sua in modo negativo.

Nella mia ingenuità chiesi a mio padre perché questo astio verso i giovani, mio padre si abbasso e mi sussurrò in un orecchio:” Pàrlene accusciuè peccà nne le pozzène cchì fàrle èsse, ànne pirdìute la ggiuvundì e so’ ggilìuse, che bbrìtta cose è la vicchiàje”!

(Dicono così perché non lo possono più fare loro sono invidiosi, hanno perso la gioventù, che brutta cosa è la vecchiaia).

Stefano Marchetta

Gen 20, 2024 - Articoli    No Comments

Un’alzata di gonna

Ultimamente si parla molto di artisti che si mostrano quasi come mamma natura li ha fatte, sculettando e esagerando negli show, nei video clip pur avendo testi, contenuti validi e voci stupende. Facendo supporre che scelgono la porta larga, personalmente ritengo che il periodo storico vuole questo e di conseguenza tutti si adattano, bravi e meno bravi. L’importante avere successo non importa se si è solo una meteora, il lavoro non c’è, i valori si sono persi e la morale ormai è cosa passata di moda, antica. Probabilmente si è più sinceri e spontanei o forse perché lo fanno tutti ci si sente più giustificati, mentre un tempo ci si dava da fare più nell’ombra?

A tal proposito mi torna in mente un episodio successo a mio padre, noi abbiamo sempre coltivate pesche, un anno ci furono un paio di giorni di Garbino (Vento di libeccio) che accelerò il processo di maturazione del frutto. Come eravamo organizzati tutto a livello famigliare non eravamo ferrati nel giro dei braccianti a giornata. Così mio padre usci in cerca ti persone disposte venire a raccogliere le pesche chiedendo a conoscenti e non, fino a quando un signore lo indirizzo verso un’abitazione. Mio padre suono e venne ad aprire una bella signora a cui mio padre spiego le sue necessità, la signora ascoltò con molta attenzione e pacatamente rispose:

“Jé jià minè ottàure a purtà la scàle e lu tràgne pe quarandamelalère, ma jé me le huadàgne ‘nghe n’azzàte de hànne”!

(“Io devo venire per otto ore per portare la scala e il secchio per quarantamila lire, ma io me li guadagno con un’alzata di gonna”)

Mio padre rosso in volto se ne andò.

Stefano Marchetta

Gen 1, 2024 - Articoli    No Comments

Un Augurio x un felice 2025.

Fare e ricevere auguri è cosa gradita a tutti, ma quelli di fine anno personalmente mi hanno sempre dato fastidi perché sbagliati.

Mi spiego meglio, quando nasce un bimbo generalmente cominciamo a contare prima i giorni, poi le settimane, poi i mesi e passati i 365 giorni giulivi esclamiamo tra torte, sorrisi e festoni che ha compiuto il suo primo anno di vita, poi ripartiamo aggiungendo prima i giorni, poi i mesi, scandendo la sua vita fino al secondo anno e poi passiamo solo a festeggiare i compleanni che significa “COMPLETARE L’ANNO”.

Per questo facendo l’ipotesi che un uomo abbia compiuto 2024 anni il 31 dicembre, il primo gennaio lui inizia il suo 2025 anno di vita per questo noi dobbiamo auguragli che 2025 sia un anno speciale per lui, dire ti auguro un buon 2024 è sbagliato è già passato.

Ecco perché penso che fare gli auguri con l’anno sbagliato cadi nel vuoto, non porterà il desiderio di bene, felicità, fortuna o salute.

Stefano Marchetta

Set 8, 2022 - Articoli    No Comments

Vasto, anni 60′, Stadio Aragona.

Giorni fa leggendo un’articolo di Zonalocale mi sono soffermato a guardare la foto (la prima) che stranamente mi riportava alla mente foto che avevo in archivio a cui finalmente riuscivo a dare una collacazione geografica, le foto ritraevano lo stadio “Aragona” in due momenti dell’anno, nelle ultime foto coperto di neve. Conferma che poi mi ha dato all’amico Gabriele.

Ago 11, 2022 - Articoli    No Comments

San Salvo 1846 Costanzo Cilli.

Personalmente piace ricordare, ripercorrere piccoli aneddoti di vita e riflettere su attimi di vita vissuta con i pochi elementi trovati, cercando di riuscire a calarmi nel pensiero e nella vita quotidiana di quel passato remoto, nel cercare di capire atteggiamenti che la miseria offriva e le sue soluzioni.

Come il matrimonio per dare un futuro ai propri figli, impensabili e inaccettabili ai nostri tempi, pur sapendo che l’aspettativa di vita a quei tempi era molto bassa.

Mentre leggevo alcuni documenti del 1846, quando San Salvo contava all’incirca 1700 abitanti, in uno stato di famiglia c’era la singolarità di un aggettivo “domestica”, cosa al quando strana per me visto che neanche nella famiglia più potente e ricca di San Salvo di quel tempo avevo letto questa dicitura, questo accese la mia curiosità.

La famiglia in questione è quella di Costanzo Cilli.

Costanzo era nato il 26 dicembre 1820, figlio di Giuseppe proprietario terriero morto nel 1834 a 48 anni, lui era il maggiore poi c’era Nicola (che sposo Enrichetta Marchetta) e Michele.

Quando Costanzo fece sedici anni, limiti di età riconosciuto per la legge gli fecero sposare il 14 maggio 1836 Angela Artese più grande di lui nata il 27 giugno 1815. Angela aveva perso il padre quando aveva solo tre anni la madre si risposò ma anche lei morì giovane, così il patrigno si adoperò per un matrimonio combinato.

Costanzo nonostante la giovane età, fu bravo nella gestione patrimoniale e a tenere unita la famiglia, dopo dieci anni di matrimonio nella sua casa vivevano ancora tutti i fratelli, ebbe dei figli e aveva anche una domestica.

La domestica era una certa Antonia Marcozzi cresciuta in una squallida e triste realtà, nata a San Salvo il 28 ottobre 1823 rimase orfana in tenera età avendo persi i genitori a distanza di mesi nel 1830, sposo Vitale Chiacchio di 12 anni più grande a soli quindici anni e divenne madre di Vito nato il 19 maggio 1841 e morto il 05 settembre 1844 a soli tre anni.

In una riflessione personale, voglio pensare che forse da quel giorno è andata a servizio fisso in casa, per riuscire a gestire meglio tutta la sua tribolazione, mentre il marito è rimasto a vivere con la madre Antonia.

Stefano Marchetta

Apr 15, 2022 - Articoli    No Comments

Il Venerdì Santo…

Tempo fa, entrando a Gradara nella provincia di Pesaro e Urbino nelle Marche, superato il portone d’ingresso ci ritrovammo dentro le mura di cinta e avviandomi insieme a mia figlia verso il castello che fu testimone e teatro della storia d’amore di Paolo e Francesca citati da Dante nella Divina Commedia, abbiamo trovato sulla destra la chiesa trecentesca di San Giovanni, dove al suo interno c’è un magnifico Crocifisso ligneo del 1500, scolpito da Fra Innocenzio da Petralia (Pa).

Osservandola in un primo momento si può pensare che sia una delle tante rappresentazione del Cristo Crocifisso, ma quest’opera ha una bellissima e unica particolarità, racchiude in se tutta la passione del Cristo, guardandola attentamente da lato destro vedi un Cristo sofferente sembra che possa proferire ancora alcune parole, guardandola di fronte vedi un Cristo agonizzante che sta emanando l’ultimo respiro e guardandola dal lato sinistro vedi il Cristo morto.

Feb 20, 2022 - Articoli    No Comments

Il gesto delle fiche.

Il gesto di far le fiche è un gesto della mano che viene effettuato inserendo tra l’indice e il medio il pollice e con le altre dita della stessa chiuse a pugno.
Attualmente il gesto viene tuttavia comunemente utilizzato in moltissime regioni d’Italia, in maniera del tutto innocente, nel gioco infantile spesso di zii e nonni accompagnata dall’esclamazione:” Ti ho preso il nasino”.
A San Salvo l’uso era detto “Fa la fèchere a lu muèdeche” (fa il fico al medico).
Si credeva che facendo questo gesto a cui si dava il nome di fico, lo stesso rappresentasse un gesto scaramantico contro le malattie. Per questo ne venivano fatti dei monili in oro o più comuni in corallo che si appendevano al collo del neonato o bambino come amuleto, così facendo si sarebbe evitato di chiamare il medico.
Oggi caduto in disuso nei suoi significati originali, sia rituale che volgare.
Le origini vengono fatte risalire all’epoca degli Etruschi e dei Romani, dove il gesto aveva inizialmente un significato portafortuna e difesa per esorcizzare gli spiriti dei morti. Il nome di tale gesto deriva dal termine volgare fica, in virtù della simbologia e similitudine che la mano in questa posizione assume con organo genitale femminile. L’uso del gesto era equivalente al mostrare il dito medio nella cultura anglosassone.

Dic 18, 2021 - Articoli    No Comments

Nonno Antonio e le zucchine del Marchese.

Aveva 47 anni a quel tempo mio nonno Antonio ed era una calda mattina dell’estate del 1935, alzatosi di buon mattino comincio a prepararsi perché doveva andare a Vasto e precisamente dal Marchese D’Avalos per pagare l’affitto dei terreni da lui coltivati. Messosi uno dei vestiti buoni partì a piedi per la sua destinazione. La prima tappa la fece a Collepizzuto (contrada di Vasto) dove abitavano i sui cognati Giuseppe La Palombara e Laura Fabrizio sorella di sua moglie Giuseppina. Anche se la distanza sembra poca a quei tempi era molta e per questo ci si vedeva poco, così tra una chiacchiera e l’altra, accompagnate da qualche bicchiere di vino e un po’ di formaggio il tempo passo velocemente. Così quando busso al portone del palazzo D’Avalos si era fatta passato mezzogiorno, mio nonno spiego al maggiordomo che venne ad aprire il motivo della sua visita, il maggiordomo lo fece entrare nell’androne e andò a riferire e poco dopo torno invitandolo a seguirlo.

Il Marchese stava pranzando e chiamandolo per nome gli chiese se aveva mangiato lui rispose che si era portato ‘na štòzze (un pezzo di pane con un po’ di companatico) che avrebbe mangiato più tardi, ma il marchese lo invitò a sedersi e a pranzare con lui. Dopo essersi accomodato il cameriere arrivò con un bel piatto di zucchine, mio nonno penso “Frèchete che furtìune, checàcce a la càse e checàcce a la càse de lu Marcàse” (Caspita che fortuna zucchine a casa e zucchine alla casa del Marchese), ma al primo boccone si rese conto che erano zucchine abbottonate e il ripieno era tutta carne e formaggio e uova e esclamò “Sigòr Marchèse chèšte e checàcce no chèlle che fa màime” (Signor Marchese queste sono zucchine no quelle che prepara mia moglie) e nella stanza risuonò la risata fragorosa del marchese.

Stefano Marchetta

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