“A Sàndë Sàlvë …”
“A Sàndë Sàlvë chi zë sàlva salvë, aèllë z’aìusë l’accettarèllë e lë picciafùchë”.
(A San Salvo ce chi si salva e chi no, là si usa l’accetta e i fiammiferi).
Si riferiva al fatto che a quei tempi a San Salvo e anche in altre parti, ci si vendicava con la complicità della notte, tagliando con l’accetta le viti o bruciando le messi.
Questa è la frase che i fratelli Travaglini si sentirono dire da un vecchio paesano 100 anni fa quando da Casoli decisero di trasferirsi con i loro famigliari a San Salvo.
Nel leggere questo trafiletto su un libro prestatomi da Antonietta Marcello, fece riaffiorare un vecchio racconto di mio padre fattomi anni fa a conferma di quel detto.
Lui mi raccontava di un signore che chiameremo X, che posizionatosi sul muraglione tra Strada Fontana e via Orientale che offriva una visuale libera come punto alto del paese, in una sera del mese di giugno di tanti decenni fa, si sfregava le mani e le allungava a mò di riscaldarsi, mentre in lontananza nella piana del Trigno si vedeva una luce brillare nel buio, erano covoni di grano in attesa della trebbiatura che bruciavano.
Stefano Marchetta