Vàije pi chiède aijìute tròve cunzèije.
(Vado per chiedere aiuto trovo consiglio).
Vàije pi chiède aijìute tròve cunzèije.
(Vado per chiedere aiuto trovo consiglio).
Penso che la nuova schiavitù lavorativa la si possa trovare nella semplicità del “IO TI PAGO” se nn ti piace davanti al cancello ce la fila.
Da sx: Antonio Pacchioli e Michele Molino in ginocchio Erminio Del Casale.
Ultimamente si parla molto di artisti che si mostrano quasi come mamma natura li ha fatte, sculettando e esagerando negli show, nei video clip pur avendo testi, contenuti validi e voci stupende. Facendo supporre che scelgono la porta larga, personalmente ritengo che il periodo storico vuole questo e di conseguenza tutti si adattano, bravi e meno bravi. L’importante avere successo non importa se si è solo una meteora, il lavoro non c’è, i valori si sono persi e la morale ormai è cosa passata di moda, antica. Probabilmente si è più sinceri e spontanei o forse perché lo fanno tutti ci si sente più giustificati, mentre un tempo ci si dava da fare più nell’ombra?
A tal proposito mi torna in mente un episodio successo a mio padre, noi abbiamo sempre coltivate pesche, un anno ci furono un paio di giorni di Garbino (Vento di libeccio) che accelerò il processo di maturazione del frutto. Come eravamo organizzati tutto a livello famigliare non eravamo ferrati nel giro dei braccianti a giornata. Così mio padre usci in cerca ti persone disposte venire a raccogliere le pesche chiedendo a conoscenti e non, fino a quando un signore lo indirizzo verso un’abitazione. Mio padre suono e venne ad aprire una bella signora a cui mio padre spiego le sue necessità, la signora ascoltò con molta attenzione e pacatamente rispose:
“Jé jià minè ottàure a purtà la scàle e lu tràgne pe quarandamelalère, ma jé me le huadàgne ‘nghe n’azzàte de hànne”!
(“Io devo venire per otto ore per portare la scala e il secchio per quarantamila lire, ma io me li guadagno con un’alzata di gonna”)
Mio padre rosso in volto se ne andò.
Stefano Marchetta
Ho perso le parole
Eppure ce le avevo qua un attimo fa…
La fattoria degli animali (Animal Farm) è un romanzo allegorico di George Orwell, il libro riflette sugli eventi che portarono alla Rivoluzione russa.
Volendola traghettare in un contesto attuale in apparenza molto animalista, mette in evidenza l’uomo che finisce a causa di pensieri contorti per diventare esattamente come la persona contro cui lotta, imponendo lo sviluppo contraffatto di un pensiero distorto ma popolare dove tutti amano o devono amare tutti gli animali.
Ma come si legge nel libro:
“Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni animali sono più uguali di altri”.
Da questa mia riflessione nasce la vignetta.
Mannàgge a la mòrte ca te fa’ cambà.
(Mannaggia a la morte che ti fa vivere).
Modo di dire che vuol giustificare la stupidità di qualcuno.
Fare e ricevere auguri è cosa gradita a tutti, ma quelli di fine anno personalmente mi hanno sempre dato fastidi perché sbagliati.
Mi spiego meglio, quando nasce un bimbo generalmente cominciamo a contare prima i giorni, poi le settimane, poi i mesi e passati i 365 giorni giulivi esclamiamo tra torte, sorrisi e festoni che ha compiuto il suo primo anno di vita, poi ripartiamo aggiungendo prima i giorni, poi i mesi, scandendo la sua vita fino al secondo anno e poi passiamo solo a festeggiare i compleanni che significa “COMPLETARE L’ANNO”.
Per questo facendo l’ipotesi che un uomo abbia compiuto 2024 anni il 31 dicembre, il primo gennaio lui inizia il suo 2025 anno di vita per questo noi dobbiamo auguragli che 2025 sia un anno speciale per lui, dire ti auguro un buon 2024 è sbagliato è già passato.
Ecco perché penso che fare gli auguri con l’anno sbagliato cadi nel vuoto, non porterà il desiderio di bene, felicità, fortuna o salute.
Stefano Marchetta